Translate

lunedì 13 aprile 2015

Un Seminario per comprendere: 14 aprile 2015

Politica di difesa
Francia e Italia a confronto
Jean-Pierre Darnis, Alessandro Marrone
08/04/2015
 più piccolopiù grande
Francia e Italia si trovano in una fase di divergenza per quanto riguarda le rispettive politiche di difesa, dopo anni di evoluzioni parallele e collaborazione. Ne discute il prossimo14 aprile un seminario organizzato dallo IAI a Roma nell’ambito del Forum Strategico Francia-Italia.

Parallelismi e divergenze tra Parigi e Roma
Dagli anni ‘80 agli anni 2000, entrambi i Paesi sono stati caratterizzati dalla professionalizzazione delle Forze Armate e da un importante impegno in missioni internazionali all’estero.

Abbiamo potuto quindi osservare un’evoluzione parallela e spesso congiunta dello strumento militare e del suo uso. L’intervento del 2006 in Libano (Unifil II) rappresenta in un certo senso l’apice di questo paradigma comune, con un forte impegno militare e politico-diplomatico dei due Paesi nel quadro della stessa missione Onu.

Dal 2010 in poi possiamo invece osservare alcune divergenze. Da un lato la Francia ha proseguito ad utilizzare lo strumento militare anche per missioni di combattimento, sia all’interno di coalizioni sia su iniziative sostanzialmente nazionali (Libia, Repubblica centrafricana, Mali, Ciad, Iraq).

Dall’altro l’Italia si è mostrata molto più prudente nel suo coinvolgimento quando un intervento militare multinazionale era considerato non prioritario per la propria politica estera, ad esempio nell’Africa sub sahariana, o addirittura dannoso per gli interessi nazionali, come nel caso del 2011 in Libia.

A ciò corrispondono due trend differenti nella politica interna: da un lato la forte continuità della politica di difesa francese con una tendenza intervenzionista dei presidenti Jacques Chirac, Nicolas Sarkozy e Francois Hollande; dall’altro, in Italia, dal 2010 in poi l’indebolimento del centro-destra e la successione di governi di coalizione che hanno espresso - finora - tendenze nettamente meno interventiste che nel passato.

Il dibattito sulle spese militari, e in modo specifico sul programma F-35, ha illustrato nel 2013 e 2014 questa pressione sulla difesa italiana per ridurre gli impegni in un contesto di crisi economica.

Charlie Hebdo e Libro Bianco
Oggi i due Paesi si trovano ad un punto importante. Nel recente incontro bilaterale di Caen tra i ministri di esteri e difesa, Francia e Italia hanno riaffermato una comune volontà di trattare il problema della sicurezza nel Mediterraneo, anche visto l’evolversi della situazione in Libia e in Tunisia.

Gli attacchi terroristici del gennaio 2015 a Parigi hanno provocato una presa di coscienza in Francia della gravità della minaccia, e un rafforzamento dei dispositivi militari per la tutela della sicurezza interna.

Non a caso il governo ha scelto di tornare sui suoi passi rispetto ai tagli previsti alle risorse per fronteggiare le esigenze di sicurezza esterne e interne.

Dal lato italiano, l’elaborazione del Libro Bianco per la sicurezza internazionale e la difesa rappresenta un’occasione importante per riaffermare le priorità strategiche dell’Italia e definire le linee guida per l’adeguamento dello strumento militare.

Va tenuto poi in considerazione un’ulteriore fattore che rappresenta un handicap per l’Italia. La difesa si trova alle prese con una difficile riforma del personale per recuperare margini finanziari e di efficienza. La Francia non ha lo stesso problema, o per lo meno non nella stessa misura.

Questo però crea una discrepanza nella disponibilità delle forze: se entrambi i Paesi debbono muoversi in un quadro finanziario logorato dalla crisi, l’Italia deve superare l’ulteriore ostacolo di una spesa per la difesa completamente sbilanciata dal lato del personale, e quindi inefficiente.

Nel 2012 la legge Di Paola ha iniziato ad affrontare questo problema, ma manca ancora la sua piena attuazione. Si tratta di un problema grave perché, anche aldilà della volontà politica di uso o meno della forza militare in una determinata circostanza, limita fortemente le opzioni militari italiane, anche nella collaborazione bilaterale.

Le possibilità di cooperazione industriale
Anche in campo industriale si può costatare una relativa continuità dei programmi di cooperazione bilaterale, ma con delle criticità importanti. Esiste un quadro di cooperazione sia per quanto riguarda i programmi Ue (in particolare Horizon 2020) sia per quanto riguarda alcune industrie della difesa (Mbda, Space Alliance Tas).

Vi sono anche possibili ambiti di cooperazione da attivare ora in chiave futura, quali osservazione e telecomunicazioni spaziali, velivoli a pilotaggio remoto (Remotely Piloted Aircraft Systems, Rpas) armati e non. Tuttavia, non sono stati lanciati nuovi programmi significativi a livello bilaterale né multilaterale, che potrebbero anche portare ad un maggiore sforzo a livello europeo.

La questione del futuro Rpas europeo da combattimento rimane infatti aperta: la firma nel 2014 di un accordo franco-britannico per uno studio al riguardo prolunga la logica del trattato di Lancaster House, ovvero di un rapporto privilegiato fra Francia e Regno Unito per programmi futuri che coinvolgano le rispettive industrie delle difesa. Una cooperazione che viene percepita a Roma come un’esclusione di altri partner europei a partire dall’Italia.

In un contesto europeo dove cambiano le politiche di difesa, con un Regno Unito in relativa frenata, mentre la Germania sembra voler tornare ad investire, la Francia si configura come un perno essenziale per il futuro della difesa europea. Anche il rapporto fra Francia e Italia rappresenta un tassello importante che potrebbe portare a maggiori collaborazioni e sinergie.

Jean-Pierre Darnis è professore associato all’Università di Nizza e vice direttore del Programma Sicurezza e Difesa dello IAI (Twitter: @jpdarnis)
Alessandro Marrone è responsabile di ricerca del Programma Sicurezza e Difesa dello IAI (Twitter: @Alessandro__Ma)
.

Nessun commento:

Posta un commento