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martedì 29 settembre 2015

Interessi Britannici e Interessi Italiani in Europa

Gran Bretagna verso referendum
Brexit: l’Italia è cauta su ipotesi
Eleonora Poli, Maria Elena Sandalli
25/09/2015
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Dopo la schiacciante vittoria dei conservatori alle elezioni politiche del 7 maggio 2015, David Cameron ha ribadito l’intenzione di indire un referendum entro la fine del 2017 sull'uscita del Regno Unito dall'Unione europea (Ue).

L’ipotesi di una Brexit non solo mina di per sé il progetto europeo di un’integrazione sempre più stretta, come previsto dal Trattato di Lisbona, ma potrebbe anche causare un effetto a catena, destando analoghe rivendicazioni in altri Stati membri, Italia compresa.

Il Regno Unito è la terza economia dell’Ue e, secondo un documento del tesoro inglese, nel 2014 il contributo netto del Regno Unito all'Ue è di 9.8 miliardi di sterline che equivale a 13.5 miliardi di euro.

Il governo italiano deve quindi valutare l’atteggiamento da tenere in una situazione così complessa. Da una parte, l’uscita del Regno Unito avrebbe ripercussioni politiche ed economiche tali da indurre ad accettare alcune richieste britanniche. Dall’altra, l’Italia non è favorevole a modificare i principi fondanti dei Trattati e sostiene piuttosto la necessità di riformare le istituzioni nel quadro di un’Unione più coesa.

Gli interessi italiani
Dal punto di vista economico, le relazioni commerciali tra Italia e Regno Unito sono solide. Il Regno Unito è il quinto mercato di sbocco dell'export italiano e nel 2014 ha accolto il 10% degli investimenti internazionali italiani. In caso di Brexit, al Regno Unito potrebbe essere negato libero accesso al mercato comune, causando un dirottamento delle sue relazioni economiche verso altre regioni.

Nel febbraio 2015 l’export britannico verso i Paesi extra-europei ammontava a 37,9 miliardi di sterline, in aumento del 4,2% rispetto al 2014.

In questo caso, la reintroduzione di dazi economici potrebbe costare all'Italia la perdita di un importante partner commerciale. Inoltre, il possibile restringimento della zona di libera circolazione risultante dalla Brexit potrebbe avere ripercussioni sugli oltre 600 mila italiani che lavorano nel Regno Unito.

Per l'Italia si stimano oltretutto perdite per 1,4 miliardi di euro in termini di maggiori contributi al budget europeo per compensare quelli perduti del Regno Unito.

Sul fronte politico, invece, è necessario evitare la Brexit per non fomentare le forze populiste e euroscettiche che rischiano di sgretolare l’unità europea, posizione che Renzi condivide con la Merkel e Hollande.

Se in Italia il Movimento 5 Stelle e Lega Nord hanno più volte chiesto un referendum sull’euro, in Francia e in Germania, partiti come il Front National ed Alternativa per la Germania sono fortemente scettici verso l’idea di un’unione politica e sostengono invece un’Europa di Stati sovrani con un mercato comune. Un rinegoziato della posizione britannica all’interno dell’Unione potrebbe dunque suscitare richieste affini da parte di questi partiti ai proprio governi.

Mano tesa a Cameron
I timori provocati dalla minaccia della Brexit spiegano l'alleanza, definita da Renzi come “non-ideologica”, tra Regno Unito e Italia. Se il governo italiano ha rifiutato ogni compromesso sulla revisione dei Trattati e dei principi fondamentali dell'Ue, esso ha invece accolto alcune richieste fatte da Cameron sulla necessità di snellire l'apparato burocratico per rendere le istituzioni più trasparenti e il mercato unico più competitivo.

A tale proposito, nel maggio 2015 il governo italiano ha inoltrato alla Commissione europea un documento sul rafforzamento e completamento dell'Unione economica e monetaria al fine di rilanciare l'innovazione e la crescita nel quadro di un interesse collettivo.

Tuttavia le modalità per mettere in atto tali riforme e implementare regolamentazioni più efficaci sono nettamente diverse da quelle proposte da Cameron. L’Italia punta ad un assetto istituzionale più integrato, mentre Londra desidera maggiore autonomia in campo normativo.

Sebbene il nodo della rivisitazione dei Trattati rimanga tuttora irrisolto, l’Italia potrebbe adattare la sua posizione in base all’urgenza di evitare la Brexit, soprattutto a seguito di una possibile presa di posizione più favorevole a Londra da parte di Francia e Germania.

Nonostante prediliga la strada per una maggiore integrazione, l'Italia è infatti indotta da importanti interessi economici e politici a far sì che il Regno Unito resti nell'Ue.

Renzi strizza dunque l'occhio a Cameron senza darlo troppo a vedere. Si tratta di capire fino a dove le riforme invocate da entrambi i leader potranno spingersi senza colpire i principi portanti dell’Unione e, soprattutto, se i compromessi raggiunti convinceranno gli elettori britannici a non dire addio al Vecchio Continente.

Eleonora Poli è ricercatrice dello IAI.
Maria Elena Sandalli è stagista dello IAI
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mercoledì 23 settembre 2015

Un Europa che sta deludendo

Miti e realtà
L’Europa concreta che interessa ai cittadini
Federico Garimberti
18/09/2015
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Mettete per un attimo da parte Tsipras che pallido in volto lascia il summit europeo con in tasca un umiliante piano lacrime e sangue imposto da Frau Merkel. Ignorate momentaneamente l'egoismo di Budapest, Varsavia o Londra che, di fronte a migliaia di migranti in fuga da guerre o povertà, erigono muri di filo spinato o si voltano dall’altra parte.

E pensate per un attimo al fatto che, come se tutto ciò non bastasse, anche l’altra faccia dell’Europa - quella del progresso e del benessere di cittadini e consumatori - appare ai più solo un pallido ricordo. Il suo posto, nell’immaginario collettivo, è stato preso da un’Europa miope e asservita alle multinazionali, che ha progressivamente ingrassato le fila degli euroscettici e deluso quanti, ad un’Unione fondata su principi comuni, credeva e crede ancora.

È l’Europa ‘matrigna’ che impone il "formaggio senza latte", proibisce le vongole "micro" dell’Adriatico, "tassa" l'aria condizionata. E poco importa che nessuna delle tre notizie sia vera. Ciò che conta è che l'immagine dell’Ue, da anni ormai è in caduta libera. Un crollo di consensi che dipende più dalla cronica incapacità di spiegare i vantaggi dello stare insieme con regole condivise che dal braccio di ferro sul debito di Atene o dalla scarsa solidarietà dei singoli governi nell'accoglienza dei profughi.

Le bufale europee dell’estate italiana
Prendete i rilievi della Commissione contro la legge italiana che vieta l'uso del latte in polvere nei prodotti caseari, passata agli onori della cronaca con l’efficace slogan della Coldiretti: “un diktat per imporci il formaggio senza latte".

La campagna stampa dell'associazione dei coltivatori ha fatto passare in secondo piano il fatto che l'eurogoverno, rimuovendo un divieto lesivo della concorrenza, potrebbe fare gli interessi delle imprese italiane.

Senza quel vincolo, come ben spiegato da ilfattoalimentare.it, le aziende casearie avrebbero finalmente la possibilità di usare una piccola quantità di latte in polvere - già presente in decine di prodotti che consumiamo abitualmente - per ottimizzare i formaggi industriali, evitando di ricorrere a tecniche costose e poco efficaci. Il tutto senza che il parmigiano o la mozzarella di bufala corrano alcun rischio visto che proprio le norme Ue impongono per i formaggi tipici l'uso del latte fresco.

Discorso simile vale per la "tassa sul caldo" (copyright de 'Il Giornale'). Il (presunto) balzello è figlio di una norma varata dal governo Monti che, in ottemperanza a una direttiva Ue, impone controlli periodici per verificare l'efficienza degli impianti di condizionamento.

Le nuove disposizioni riguardano soltanto gli ambienti di grandi dimensioni, come centri commerciali e uffici. Ma è bastato che alcune associazioni di consumatori gridassero alla "stangata sull'aria fresca" per portare nuovamente l'Europa sul banco degli imputati, nonostante l'intento della direttiva sia unicamente quello di proteggere l'ambiente e - aspetto non secondario - ridurre le bollette degli utenti.

L'ultima polemica estiva nasce dal divieto di pesca per le vongole con diametro inferiore a 25 millimetri e atterra sulle tavole italiane spinta dalla giusta preoccupazione degli allevatori di molluschi nostrani che, per fattori naturali, non crescono più come prima.

Proteste che hanno un qualche fondamento nel mancato adeguamento dei parametri Ue alle mutate condizioni dell'ecosistema dell'Adriatico. Nessuno, però, si è preoccupato di ricordare che i 25 millimetri non sono il capriccio di qualche euroburocrate teso a favorire le vongole importate, ma piuttosto il risultato di studi scientifici - commissionati dai Paesi membri, Italia compresa - al solo scopo di salvaguardare la riproduzione dei molluschi e con essa il futuro dei 'vongolari'.

L’importanza trascurata della comunicazione
Questi pochi esempi - ma la lista potrebbe essere ben più lunga - mettono in luce un aspetto troppo spesso trascurato nel dibattito sul futuro dell'Unione europea: quello della comunicazione.

È difficile negare gli enormi benefici che i cittadini - soprattutto in Italia - hanno tratto dall'acquis comunitario. Basti pensare ai progressi sul fronte della tutela dei diritti dei consumatori, della sicurezza alimentare, della salvaguardia ambientale.

Per smentire alcuni luoghi comuni sull'Europa asservita a banche e multinazionali basterebbe ricordare le normative comunitarie che proibiscono le clausole vessatorie nei contratti bancari o gli interventi nel settore delle Tlc (dalla portabilità del numero di telefono al tetto sul roaming).

Sono centinaia le direttive e i regolamenti che hanno migliorato la vita di tutti noi, ma - Erasmus a parte - il grande pubblico ne sa poco o nulla. Il motivo è semplice: l'Unione è il bersaglio ideale di governi e partiti quando le cose vanno male ("È colpa di Bruxelles se non possiamo tagliare le tasse, non dell'incapacità a ridurre la spesa pubblica"), ma non le viene mai riconosciuto il merito quando risolve i problemi: la discarica di Malagrotta è stata finalmente chiusa grazie ad una direttiva comunitaria.

La verità è che i leader del Vecchio Continente hanno sempre meno interesse a dirsi europeisti. Men che meno sono disposti a difendere decisioni che (apparentemente) vanno contro gli interessi dei propri concittadini.

La miopia di questo atteggiamento rischia però di costare molto cara. Non si tratta di questioni secondarie. Poche cose sono più dannose per l'Europa dell'essere vista come un covo di burocrati lontani dagli interessi dei cittadini e succubi delle lobby. Un'immagine disastrosa che certo non gioverà nel momento in cui si dovranno prendere decisioni sul destino dell'Unione e dell'euro.

Perché mai italiani, francesi, irlandesi o polacchi dovrebbero auspicare un'ulteriore integrazione che conceda maggiori poteri a miopi funzionari che bandiscono gli spaghetti alle vongole e tassano l'aria condizionata? I leader europei, se vogliono davvero cambiare la percezione dell'Europa, dovrebbero capire che i cittadini sono più preoccupati dall'idea di mangiare "formaggio senza latte" che non della sorte di Tsipras.

Federico Garimberti, giornalista, già portavoce del semestre di presidenza di turno italiana del Consiglio dell’Ue.
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giovedì 17 settembre 2015

CRESCITA ZERO IN ITALIA NEL 2014


Su comunicazione ITAT al 31 dicembre 2014 i residenti in Italia erano 60795602 con un aumento di 19444 unità rispetto al 31 dicembre 2013
Il movimento naturale della popolazione (nati meno morti) ha fatto registrare un saldo negativo di 100.000 unità, che è  il risultato peggiore ottenuto dal nostro Paese dal 1917-1918.

Massimo Coltrinari


lunedì 7 settembre 2015

Una storia infinita. I Fucilieri di Marina e L'India

Italia-India
Marò: dietro il caso, ambizioni marittime indiane
Fabio Caffio
02/09/2015
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‘Girone è ostaggio dell'India’ è stato detto davanti al Tribunale del diritto del mare (Itlos). In effetti è anche l'India stessa a essere ostaggio delle sue ambizioni marittime.

La decisione dell'Itlos consente ora di tirare le prime somme del caso Lexie: non un semplice incidente, ma il frutto di una visione distorta e strumentale del regime dei mari.

Nazionalismo marittimo
Alla base di quanto è (presumibilmente) accaduto quel 15 febbraio 2012 a 20,5 miglia dalla costa, c'è la pretesa indiana di sottoporre a sorveglianza di natura territoriale due zone sui generis di alto mare come la zona contigua (zc) e la zona economica esclusiva (zee).

Benché la Convenzione del diritto del mare (Cnudm) consenta allo Stato costiero di esercitare in tali zone limitati diritti funzionali per specifiche materie come immigrazione e protezione della pesca, l'India da decenni afferma una posizione dissonante.

Delhi non cerca proiezioni di potenza in mari lontani, ma tende a contrastare l'espansionismo commerciale cinese nell'Oceano indiano.

Nello stesso tempo esercita giurisdizione ultra vires al di là delle acque territoriali per blindare le coste da rischi terroristici e proteggere le attività dei propri pescatori spesso oggetto di attacchi da parte di Paesi vicini.

Una legge del 1976 prevede che nella zc siano esercitabili poteri per la "security of India"; ben prima del caso Lexie, nella zee indiana istituita con la stessa legge, era stata inoltre affermata la pretesa di avere preventiva notifica di esecitazioni navali e del transito di navi mercantili con armi, anche di autodifesa, a bordo.

Repliche ad Amburgo
Tali posizioni sono state replicate dall'India durante le udienze ad Amburgo trovando una sponda nel vice-presidente dell'Itlos, l'algerino Bouguetaia.

Questi, nella sua dissenting opinion alla decisione, ha riaffermato le tradizionali tesi indiane sul controllo di zc e zee rimarcando la posizione sul divieto di svolgere attività militari nella zee.

Il giudice ha inoltre insinuato che l'Italia non può reclamare lo status di immunità per il personale dei nuclei militari di protezione (nmp) presenti sulla Lexie in quanto la materia non è disciplinata dal diritto del mare.

La Zee dell’India (Fonte Indian Nio).

Libertà dei mari
Ad Amburgo è apparso evidente che il caso ruota sulla libertà di navigazione in alto mare di cui la pirateria rappresenta una minaccia.

Correttamente l'Italia ne ha affermato con forza la violazione, rivelando anche che la Lexie non solo fu ingannata con la richiesta di entrare a Cochin per riconoscere i pirati, ma in un certo modo fu costretta ad attraccare a Cochin.

La Guardia costiera indiana avrebbe difatti fatto ricorso a forme di coercizione circondando la nave con forze aeronavali a 36 miglia dalla costa, all'interno della zee. Il dirottamento della Lexie sarebbe altrimenti potuto avvenire solo con il consenso formale dell'Italia.

Soluzione di compromesso
La partita si sposta ora al costituendo Tribunale arbitrale dopo una decisione di compromesso che, pur riconoscendo la riconducibilità della controversia al diritto del mare, lascia impregiudicato lo status dei due marò Salvatore Girone e Massimiliano Latorre come definito dalla magistratura indiana (varie sono le questioni aperte, anche sul fronte delle indagini italiane).

Il risultato è a noi favorevole sul piano del riconoscimento del concorso di giurisdizione, ma non, per ora, relativamente alla pretesa di immunità funzionale dei fucilieri.

La verità è che sullo sfondo della disputa resta la prassi dei nmp non ben consolidata durante i lunghi anni dell'emergenza pirateria.

L'India ha tra l'altro ricordato che, interpellata dall'Italia pochi giorni prima dell'incidente, si disse contraria a riconoscere con accordo la loro immunità in ipotesi di ingresso in acque territoriali indiane per trasbordo. Risulta che nello stesso periodo la vicina isola di Sry Lanka (da cui proveniva la Lexie) aveva invece acconsentito a ciò.

Area a rischio pirateria (Fonte Imo).

Prossime mosse
Le prossime udienze dinanzi al Tribunale arbitrale saranno incentrate, nell'ambito della ricostruzione dei fatti, sulla loro qualificazione come "incidente di navigazione" ai sensi della Cnudm e più in generale sul divieto di attività militari nelle zee (uno statement contrario dell'Italia è depositato alle Nazioni unite dal 1984).

L'India non rinuncerà all'occasione che le si offre per affermare la propria visione restrittiva del principio di libertà di navigazione sapendo di avere dalla sua vari Paesi.

Il caso Lexie dovrebbe essere, in definitiva, un evento fortuito maturato nell'ambito dell'applicazione delle misure antipirateria suggerite dall'Organizzazione marittima internazionale (Imo) nella zona a rischio che si estende sino alle coste indiane.

Troppe sono però le incongruenze di quello che teoricamente può anche sembrare un casus belli da manuale che ha consentito sinora all'India di presentarsi come vittima di un'azione contro i suoi diritti e i suoi interessi marittimi.

Fabio Caffio è Ufficiale della Marina militare in congedo, esperto di diritto internazionale marittimo.
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