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lunedì 20 marzo 2017

Verso il Futuro

Ritardi sull’Europa
Smart Italy: presto le città del futuro
Sara Piacentini
13/03/2017
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“Society has always to demand a little more from human beings than it will get in practice”: sono fonte d’ispirazione le parole scritte da George Orwell più di mezzo secolo fa. Che stiamo vivendo in una realtà sempre più iper-connessa è ormai un dato di fatto. Rimane da vedere quanto tempo servirà all’Italia per trasformare le sue bellissime città in Smart City.

È ormai il nuovo trend di sviluppo urbanistico a livello mondiale: solo nell’Unione europea, Ue le città “smart” sono 240. In Italia, invece, è ancora un argomento di nicchia, ma del resto siamo abituati al fatto che il treno del progresso arrivi in ritardo nel nostro Paese. Eppure, qualcosa sta accadendo anche qui.

La febbre “smart” contagia l’Italia
L’ultima dal mondo Smart City è la recente partnership per l’innovazione digitale siglata tra Roma e Barcellona. Gli obiettivi da raggiungere sono quelli tipici del modello di crescita urbana sostenibile: più inclusione e partecipazione dei cittadini, nuove forme di collaborazione tra pubblico e privato, software che permettano l’archivio e l’utilizzo degli open data al fine di creare servizi più efficienti.

Ma Roma non è stata la prima città italiana ad affrettare il passo verso l’omologazione con le sorelle Smart City europee. Già Milano, Torino e Padova contano tra i 50 e gli 80 progetti Smart all’attivo, con centinaia di milioni di euro di investimenti; ma ci sono anche Bari, Genova, Venezia, Cagliari e altri 150 comuni.

Nonostante la diffusione dei progetti nell’intero territorio della penisola, è impossibile non notare il divario tra Nord e Sud, in termini di quantità di fondi stanziati e numero di progetti realizzati. Altro ostacolo alla piena realizzazione delle Smart City in Italia è la scarsa coordinazione intercomunale: spesso le eccellenze rimangono isolate e non vengono replicate in un altro comune.

Il problema principale, secondo gli esperti del settore, non solo in Italia ma in generale nel mondo Smart City, è la difficoltà nel cambio di governance. In poche parole, non ci si può aspettare che l’innovazione tecnologica da sola riesca a trainare l’intero processo di cambiamento da città “del vecchio mondo” a Smart City, ma si deve partire da un nuovo concetto di pubblica amministrazione “aperta”. Si deve avere cioè un cambio di governabilità prima che un cambio di tecnologia nella città.

Italia vs. Europa: somiglianze e differenze
Ad Amsterdam la “Klimaatstraat” (strada del clima) è un progetto mirato alla riduzione di CO2 nelle vie dello shopping. Nella fase pilota del progetto (2009-2011) sono state risparmiate 661 tonnellate di CO2, che si stima possano arrivare a 35 chilotonnellate l’anno nel caso di estensione del progetto all’intero centro urbano. Tra i fattori chiave di riuscita, la presenza sul posto di un pioniere-leader dell’iniziativa e lo spillover effect del successo del primo gruppo di utenti, che ha incoraggiato altri potenziali utenti della stessa via ad aderire al progetto.

In ambito di e-governance, invece, a Barcellona sono nati i Quiosc Punt BCN, dei chioschi interattivi in diversi punti della città, come centri commerciali, biblioteche, ecc., per assicurare dovunque la presenza dell’autorità municipale. Simili a delle macchinette per prelevare denaro in contanti, questi chioschi rendono possibile ai cittadini effettuare procedure amministrative self-service, non in sostituzione ma in aggiunta agli uffici tradizionali. Il servizio consente ai cittadini di risparmiare tempo ed energie e si basa sulla fruizione dei dati in possesso dall’amministrazione municipale.

Questi come altri esempi di successo hanno in comune un punto fondamentale: i cittadini sono attivi nel processo. E le amministrazioni calibrano le iniziative in base ai bisogni degli stessi cittadini. Oltre che secondo un piano più ampio di agenda urbana sostenibile.

Smart City Expo World Congress
L’esposizione universale targata Smart City, sostenuta dalla Commissione europea, si svolge ogni anno a Barcellona. Attraendo esperti, visionari e grandi marchi tech da tutto il mondo, è un affascinante hub di innovazione tecnologica e socio-politica. Moltissime le città coinvolte, dalle americane Boston, New York e San Francisco alle asiatiche Singapore e Kuala Lumpur, ma anche Tel Aviv, Edinburgo, Città del Messico, solo per citarne alcune. Nell’edizione 2016 l’Italia Smart era rappresentata dall’Ice, con ben 19 aziende espositrici di servizi e prodotti.

Emanuela Ciccolella, manager Ice, si dichiara soddisfatta dell’evento, che ha offerto “grandi opportunità di networking e un feedback positivo sui progetti italiani”. Alla domanda su come colmare il gap tra Italia e resto del mondo sullo sviluppo urbano intelligente risponde: “La legislazione è stata fatta, a livello sia Ue sia nazionale. Il problema è antropologico e socio-culturale: viviamo ancora in un clima ‘anti-tecnologico’”.

Le ultime sfide prima del cambiamento
Se non ci sono più dubbi sulla necessità dello sviluppo urbano sostenibile, di cui le Smart City sono promotrici, vi sono ancora incertezze sulla sfera della sicurezza personale. Il difficile equilibrio tra protezione della privacy e utilizzo dei dati condivisi è una questione tutta europea ed è al centro di un dibattito sempre più infuocato. Nonostante le iniziative a livello comunitario, non ci sono ancora norme univoche su possesso, utilizzo e condivisione dei dati.

In ogni caso, non si può arrestare il progresso e non si può fermare la diffusione della Smart City, con tutti i benefici che apporta: riduzione degli sprechi, aumento dei posti di lavoro, miglioramento della mobilità. In sintesi, miglioramento della qualità della vita dei cittadini.

Inoltre, non si deve dimenticare che una Smart City rientra perfettamente in due prospettive ben più ampie lanciate recentemente dalla Commissione europea. Stiamo parlando di un nuovo modello di crescita economica, l’Economia circolare, e di un nuovo mercato, il Mercato unico digitale.

Cos’è stato fatto finora a supporto della transizione? Le misure favorevoli all’Industria 4.0 e gli incentivi alla digitalizzazione e alle start-up nell’ultima Legge di Bilancio sono fattori necessari, ma non sufficienti ad avviare il vero processo di cambiamento. Finché non ci sarà volontà politica e collaborazione attiva dei cittadini, le città italiane rimarranno pur sempre belle, ma non “smart”.

Sara Piacentini è tirocinante allo IAI nell'Area Europa

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