Translate

lunedì 21 novembre 2016

Europa: null'altro che richiami

nione europea
Ue e cooperazione giudiziaria: se l’Italia non attua Prüm
Francesca Galli
17/11/2016
 più piccolopiù grande
Non ci sono solo i conti pubblici a rendere l’aria pesante fra Roma e Bruxelles. L’Italia ha infatti ricevuto, insieme a Croazia, Grecia, Irlanda e Portogallo, una lettera di costituzione in mora per mancata attuazione delle decisioni di Prüm (decisioni 2008/615/GAI e 2008/616/GAI del Consiglio) sul potenziamento della cooperazione transfrontaliera, soprattutto nella lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata.

Si tratta di strumenti giuridici dell’Unione europea (Ue) che hanno introdotto procedure per un rapido ed efficiente scambio tra stati membri di dati riguardanti il Dna e le impronte digitali per l’identificazione di autori di reati.

Si tratta delle prime procedure di infrazione aperte dalla Commissione nel campo della cooperazione di polizia e giudiziaria, avendo acquisito la relativa competenza solo cinque anni dopo l’entrata in vigore del trattato di Lisbona, nel 2014.

Il sistema di Prüm
Lo scambio delle informazioni, sulla base del principio di disponibilità, si articola in due fasi: dapprima è lanciata una ricerca per accertare se nelle banche dati nazionali degli altri stati membri è registrato il campione in questione (procedura hit/no hit). Il raffronto automatico avviene senza scambio di dati personali; in caso di riscontro positivo (hit) può essere richiesto lo scambio di dati personali attraverso i canali ufficiali o di assistenza giudiziaria abituali.

La cooperazione Prüm prevede anche misure volte a intensificare la cooperazione transfrontaliera di polizia riguardanti lo scambio di dati sulle targhe e i detentori di veicoli.

I cinque paesi messi in mora non hanno ancora garantito gli scambi automatizzati di dati per almeno due delle tre categorie di dati di Dna, impronte digitali e dati nazionali di immatricolazione dei veicoli. L’atto della Commissione, il primo nel suo genere, vuole essere un segnale forte alla luce dei più recenti attacchi terroristici in Francia e Germania.

Gli Stati membri interessati hanno due mesi di tempo per rispondere, dopodiché la Commissione può inviare loro un parere motivato con cui cristallizza in fatto e in diritto l'inadempimento contestato e diffida a porvi fine entro un dato termine.

Nel caso in cui lo Stato non si adegua, la Commissione può presentare ricorso per inadempimento davanti alla Corte di Giustizia dell’Unione europea. Si conclude così la fase del c.d. "pre contenzioso" ed inizia il giudizio, volto ad ottenere dalla Corte l'accertamento formale, mediante sentenza, dell'inosservanza da parte dello Stato di uno degli obblighi imposti dall'Unione.

L’agenda europea sulla sicurezza
L’attuazione delle decisioni di Prüm è un elemento importante dell’agenda europea sulla sicurezza per il periodo 2015-2020 che stabilisce misure e strumenti concreti da utilizzare nell'ambito della cooperazione per garantire la sicurezza e affrontare le minacce più urgenti.

Per l’Italia partecipare appieno alla cooperazione Prüm sarebbe vantaggioso a diversi livelli. Consentirebbe alle autorità di polizia un notevole risparmio di tempo e un aumento dell’efficienza nell’identificazione dei presunti autori di reati o delle tracce rinvenute sul luogo di un delitto.

La centralizzazione dei profili, in particolare, consente un’economia di gestione rispetto alla pluralità di strutture organizzative sul territorio nazionale che caratterizza l’attuale situazione. La cooperazione permetterebbe inoltre un accesso rapido e semplificato alle impronte digitali e ai profili Dna presenti nelle banche dati degli altri paesi contraenti.

L’adeguamento interno
Con la legge n. 85 del 30 giugno 2009, l’Italia ha autorizzato la ratifica del Trattato di Prüm e ha previsto l’istituzione di una Banca dati nazionale del Dna e di un Laboratorio centrale.

In attuazione della legge, Il successivo intervento regolatorio in vigore dal giugno 2016 si propone di disciplinare il funzionamento e l’organizzazione delle due strutture con specifico riferimento alle modalità di prelievo, gestione, tipizzazione, conservazione e cancellazione dei profili genetici dei reperti e dei campioni biologici trattati. Il testo vuole inoltre regolare le modalità di trattamento e di accesso per via informatica e telematica ai dati raccolti.

Le potenzialità dei dati genetici nel contrasto a criminalità organizzata e terrorismo implicano rischi in materia di intrusione nella sfera privata delle persone interessate. Rischi accresciuti dall’utilizzo di mezzi elettronici o automatizzati di gestione delle informazioni. Si possono verificare inoltre derive discriminatorie o di stigmatizzazione nei confronti di gruppi sociali “a rischio” per l’utilizzo di tecniche di racial profiling.

L’articolo 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’Ue impone una specifica protezione dei dati personali. Un’attenzione replicata anche dalle decisioni di Prüm: è possibile utilizzare i soli profili ricavati dalla parte non codificante del Dna, non consentendo quindi di accedere all’identità del soggetto, né ad alcuna informazione sulle sue caratteristiche ereditarie; è previsto un divieto all’utilizzo dei dati per fini diversi da quelli per i quali erano stati trasmessi; e, una volta che i dati non sono più necessari alla finalità per le quali sono stati trasmessi se ne prescrive la distruzione.

Tra i diritti riconosciuti alle persone interessate si prevede la possibilità di ricevere tutte le informazioni relative alla trasmissione di dati, la rettifica o la cancellazione di dati inesatti o trasmessi illecitamente, l’accesso a mezzi di ricorso efficace per fare fronte ad eventuali violazioni.

Deficit di uniformità
Permangono una serie di aspetti problematici:è possibile infatti derogare al principio di finalità se la legislazione dello stato che gestisce la banca dati lo consente; non esiste alcun meccanismo di controllo preventivo relativo alla correttezza dei dati da trasmettere; non sono individuate regole minime per la raccolta ed il trattamento dei dati a livello nazionale.

La mancanza di standard comuni da rispettare durante tutte le fasi del trattamento dei dati rischia di rendere più difficoltoso il flusso di informazioni tra autorità nazionali, viste le sensibili differenze tra legislazioni nazionali in materia di banche dati. Questo potrebbe incidere negativamente sullo sviluppo stesso della cooperazione transfrontaliera.

Francesca Galli è Assistant Professor, Dipartimento di diritto internazionale e dell’Unione europea, Università di Maastricht.

Nessun commento:

Posta un commento