Il Covid emergenza sanitaria mondiale ha riportato al suo reale significato il Natale. Festa cristiana per antonomasia, la nascita di Gesù Cristo dovrebbe essere un momento di alta intensità spirituale. E' anche detta la festa della famiglia, intesa come libera unione di due persone di sessi diversi che si uniscono per procreare figli ed allevarli nel migliore dei modi.
Ultimamente queste concezioni si sono molto sbiadite. Il Natale è diventato l'appuntamento più importante di un altra religione che non è il cristianesimo, ma il consumismo. Religione con i suoi Santi, vedi le grandi firme, i suoi santuari e le sue cattedrali, vedi i centro i commerciali e le vie dello schopping, i suoi sacerdoti, veri e propri persuasori palesi, che sono i pubblicitari e i grandi mezzi di comunicazione di massa. Grazie al covid la pubblicità per vedere i prodotti di Natale nel 2020 non è iniziata ai primi di novembre, martellante ed ossessiva. In più è una tradizione del secondo dopoguerra la doppia mensilità a chi ha lo stipendio fisso, che riversa sul mercato una capacità d'acquisto del doppio del normale. Il Natale era il gran cenone della vigilia, oppure il gran pranzo di Natale a cui segue lo scambio di una marea di carabattole vero trionfo della nuova religione. A questo altro aspetto da non trascurare lo stress da acquisto da regali, regolo che deve essere unico, strabiliante, originale, utile e stravagante al tempo stesso. Non di vedeva che questo benedetto natale passasse per recuperare un pò di normalità. Per la festa della famiglia, lasciamo perdere. E' rito ormai che metà degli italiani il Natale è il 23 o il 24 e via dicendo.
Ora tutti questi riti di punto in bianco vengono impediti. No accesso alle cattedrali e santuari della nuova religione, i centri commerciali, no pubblicità da novembre, no regali ma semplici pensierini, non cenoni e pranzi con il portato delle carabattole da scambiarsi, nulla è permesso. E questo lo dice il Governo con tanto di DCPM. Ovviamente sarebbe ora di cambiare il governo per mettercene un altro che deve prendere le stesse decisioni; se poi non le prende, come si è visto in tanti paesi nel mondo, staremo un mese fuori e quattro a casa non solo per tutto il 2021 ma anche per il 2022. come abbiamo fatto per il 2020
A Natale seguiva il rito della "vacanza" per capodanno. Ovviamente in montagna, sulla neve dove quattro volte su cinque la neve non c'era e dovevi acconttentarti di quella sparata dai cannoni ad acqua. L'arco alpino i nostri montanari, più tutti quelli delle nostre minoranze linguistiche che hanno statuto speciale perchè non parlano l'italiano. Quest'ultimi sono i più scalmanati.
Hanno prebende, benefici, agevolazioni e quant'altro ed un unico credo: non essere italiani a prendersela con Roma ed il suo Governo, a prescindere, guardando a paesi di oltre confine che ben si guardano di accoglierli ed assecondarli e di dare retta a questi italiani che non parlano nemmeno italiano, viziati e privilegiati. Il covid ai nostri montanari li ha mandati fuori di testa. Lasciata la religione cristiana, convertitasi al consumismo, le nuove generazioni di montanari, dai ladini, ai tirolesi, per finire i valdostani includendo anche italiani normali, vedi gli ampezzani, sembrano letteralmente terrorizzati a non poter celebrare i riti del capodanno: aprire gli impianti. sciare, in pista e fuori pista e tutto il resto.
Lo spettro di ritornare a mungere la vacca, vendere il latte portato a spalla, ed intagliare il legno come facevano i loro bisnonni è ormai a sentire lo un dato certo e questo per colpa del Governo di Roma . Secondo le autorità locali sembra che senza questa apertura e con quel che segue, i tempi un cui i cari montanari morivano letteralmente di fame quando erano sotto l'amato imperatore Francesco Giuseppe ( basta leggere i diari dei primi decenni del novecento). siano alle porte. Il sindaco di Cortina ha fatto annunci che all'indomani della stagione invernale come la impone il Governo di Roma la perla delle dolomiti diviene la stracciona, ridotta a chiedere la carità, abbandonata nella povertà più assoluta. Immagino la Cooperativa di Cortina che dichiara fallimento per una stagione come questa. La curiosità è di sapere che cosa si è fatto di tutti i stratosferici ricavi degli anni d'oro, compreso l'anno scorso fino quanto per entrare occorreva fare la fila di ore.
La cosa che più rammarica è che tutto l'arco alpino in questa nuova religione del consumismo, sia diventato napoletano nella quinta essenza della napoletanità di pucinella: "chiagni e fotti" è stato uno dei pilastri in cui si è vissuto per secoli all'ombra del Vesubio. Ora questa ombra sembra coprire anche anche tutto l'arco alpino. Tutti stiamo pagando per il covid, tutti stiamo soffrendo, tutti abbiamo delle perdite. Molti italiani piangono chi non c'è più; se e per un anno rallentiamo, se per puro caso di studio diventassimo più cristiani e meno consumisti, forse la vittoria sul Covid sarà più bella, ricordando questo Natale come un Natale.