Pubblicato nel mese di maggio 2022 sulla Rivista
Informatica Graffiti on line (www.graffiti-on-line.com)
con il titolo:”CHI E’ DISPOSTO A MORIRE PER L’UKRAINA”
https://www.graffiti-on-line.com/home/opera.asp?srvCodiceOpera=2026
Il titolo, volutamente provocatorio, vuole intercettare le indecisioni, le preoccupazioni, i timori, le
divisioni, gli egoismi degli Occidentali e degli Europei, di fronte al problema
dell’Ukraina. Anche gli USA sembrano incerti, ma forse con la loro reticente
azione, essi stanno assestando un colpo mortale all’Europa, che non riesce a vedere oltre e condannata ad una deplorevole
condizione di impotenza: nemica della Russia e vassalla dello zio Sam.
Sovrasta su tutta l’Europa un’aria da guerra fredda, sembrerebbe
con la stessa ripartizione dei ruoli come al tempo della grande rivalità Est
Ovest: di fronte alla Russia, potenza aggressiva, gli USA, difensori della
libertà. Ma a guardarci meglio e da più vicino, la realtà geopolitica odierna
appare alquanto diversa. Dall’ottobre 2021, l’Ukraina aveva denunciato una
inquietante mobilitazione dell’esercito russo sulle sue frontiere: circa 100
mila soldati, centinaia di carri armati ed aerei. Kiev, l’America e l’Europa
parlavano di una guerra “forza d’invasione” pronta ad aiutare i separatisti
pro-russi dell’est dell’Ukraina (Donbass).
Gli Americani, fornitori quasi esclusivi delle informazioni
sulla incontestabile agitazione militare russa, ha avuto non poche difficoltà a
convincere i loro alleati con questo scenario di guerra, anche se queste
informazioni allarmiste sono state ritrasmesse per diversi mesi, senza
verifiche, nelle capitali europee e dalla maggior parte dei media occidentali.
A riguardo, sono subito apparse analisi discordanti. In Germania, la coalizione
SPD-Verdi si è immediatamente divisa sull’argomento. La Francia è rimasta
prudente. Nonostante il suo aperto sostegno all’Ukraina ed alla NATO, ha tenuto
a condurre autonomamente le sue missioni di intelligence. L’analisi della
situazione da parte dei militari francesi non ha condiviso l’allarme USA sulla
minaccia di una invasione russa. In Italia, sbollito un iniziale romantico ed
istintivo entusiasmo pro Ukraina e pressati da una situazione di rifornimento
energetico (gas e petrolio) fortemente sbilanciata con il gigante russo,
ognuno, a livello politico, ha ripreso i suoi giochetti di quartiere con i
soliti distinguo e bizantinismi annessi.
Ma, in effetti, c’è ancora qualcuno disposto a morire
veramente per l’Ukraina ? Non certo gli Europei, troppo divisi fra di loro
anche per oggettive differenze di situazione. Forse neanche gli Americani,
indubbiamente ancora sotto l’effetto della loro fallimentare partenza
dall’Afghanistan. Nel gennaio 2022, anche gli USA hanno iniziato ad operare
qualche distinguo nelle loro analisi operative. Joe Biden, molto marziale nelle sue dichiarazioni pubbliche
antirusse, spingeva anche i suoi diplomatici a riprendere i contatti con i
Russi, per evitare qualsiasi conflitto, particolarmente angosciato dalla
prospettiva delle prossime elezione di metà mandato (novembre). Questi
“segnali” avevano consentito di rilanciare il negoziato con Mosca, nonostante
l’annuncio di nuove sanzioni e di un aiuto economico e militare a Kiev.
Putin aveva smentito qualsiasi progetto di invasione, pur
lasciando aleggiare il dubbio sulle sue vere intenzioni. Uomo pragmatico e
realista, egli conosce la fragilità di Biden e la pusillanimità dei dirigenti
europei e giocando sui rapporti di forza del momento egli ha adattato la sua
linea di azione alla situazione. Uomo paziente, egli ha mosso e muove le sue
pedine al meglio degli interessi della Russia e non certo in linea con quelli
della morale universale. Quale era il suo vero obbiettivo ? In primo luogo,
dissuadere Kiev dal lanciarsi alla riconquista dei territori perduti nel 2014.
In seguito, e soprattutto, bloccare qualsiasi integrazione dell’Ukraina con la
NATO, una prospettiva temuta ed annunciata sin dal 2008. I Russi si sono
opposti a questo processo di allargamento, messo in opera sin dalla fine
dell’URSS. Essi ricordano, a tale riguardo, l’impegno assunto dal Cancelliere
tedesco Kohl e dal Segretario di
Stato USA, Baker, nel marzo 1991, di
fronte a Mikhail Gorbacev, di non
allargare la NATO. Sfortunatamente per loro, si è trattata solamente di una
promessa orale, mai rispettata … . In 30 anni, le frontiere della NATO sono
avanzate di mille chilometri verso la Russia. E con il prossimo passo
ipotizzato sarebbero potuti arrivati a soli 600 Km. da Mosca.
Visto da Mosca, questo allargamento viene percepito come
un disegno di accerchiamento strategico del loro paese. Per la Russia, si
tratta di un incubo geopolitico, di un casus
belli. Nell’agosto 2008, Putin era riuscito a bloccare questo processo di
allargamento alla Georgia. Oggi ed i fatti lo dimostrano, si può ampiamente
constatare che il presidente russo non è assolutamente disposto ad accettare
qualcosa di simile in Ukraina, poiché questo immenso territorio (Ukraina:
frontiera; marca di frontiera) offre ai Russi uno spazio ed una profondità di
protezione e sicurezza di 600 mila Km2. D’altronde, Mosca, già da tempo, aveva
chiaramente avvertito: “Noi non
permetteremo mai che nostri territori storici … vengano utilizzati contro la
Russia”.
In Ukraina, Putin si era già impadronito della parte di
territorio che il suo paese desiderava ardentemente: la Crimea, con Sebastopoli, il suo porto strategico sul Mar Nero. Fra
i suoi obiettivi c’è indubbiamente l’annessione delle autoproclamate
repubbliche del Donbass, ma, i fatti lo dimostrano, nei suoi piani iniziali era
prevista anche la completa, ma fallita, acquisizione, di tutta l’Ukraina.
Per la Russia e per Putin non c’è in gioco la sola
Ukraina, ma molto di più in prospettiva. Con questa mossa, Putin viene a
stabilire una sua nuova posizione strategica nelle relazioni con l’Occidente:
egli vuole cambiare i rapporti e gli equilibri di sicurezza che dominano in
Europa sin dal 1991. Per questo, egli chiede il ritorno della NATO alle sue
frontiere del 1997 e “garanzie giuridiche”. Se Putin si è azzardato a fare
questo passo, vuol dire che gran parte delle sue valutazioni strategiche erano
reali e che, in ogni caso, la situazione strategica complessiva si è comunque
modificata. Con lui, la Russia ha ritrovato (apparentemente in modo parziale) i
mezzi della sua volontà di potenza politica. La Russia parla ora ad alta voce e
con più forza nei confronti dell’America e Biden questo l’ha perfettamente
capito. Si tratta, però, di vedere quanto questo agitarsi e mostrare i muscoli
di Mosca siano effetto di una concreta realtà e quanto, invece, essi derivino
da bluff e dalla propaganda e questo gli USA forse lo sanno. Ma se quest’ultimi
non hanno ancora scelto decisamente la via diplomatica per risolvere la
questione, questo può significare o che non hanno ancora capito bene il gioco
di Putin, oppure che si sentono ancora forti da non temere le azioni russe. Per
quanto concerne l’Europa, si deve malinconicamente osservare che, ancora una
volta, l’UE si è limitata a contemplare il passaggio del treno della storia e
la sua accresciuta impotenza !! (dove è la sua forza di dissuasione militare e
nucleare ???? !!!), senza trarne fino in fondo le debite conseguenze. Putin,
l’ha deliberatamente esclusa dalla discussione, in quanto egli vuole ora
parlare con il vero “padrone” e non con il “vassallo”. La stessa sorte è
toccata anche all’orgogliosa Francia, giudicata come un soggetto “camuffato”,
cioé inaffidabile e trattata come una “sinecura”. In tale contesto, che dire
delle varie iniziative diplomatiche italiche agli occhi di Mosca ? (Draghi,
vassallo “mascherato” degli USA, supportato da un bibitaro apprendista stregone
e da uno scriteriato capo leghista che si comporta da “Don Chisciotte” padano).