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venerdì 29 settembre 2023

Una figura controversa nella Storia d'Italia

 

Il generale Luigi Capello nella Grande Guerra

 


Il presente lavoro intende fornire un apporto alla rilettura della Grande Guerra.

Quando ci si addentra nell’analisi di questo periodo, affrancarsi dalla tradizione (tendente, nel tempo, a cristallizzare il fenomeno bellico in immagini non sempre rispondenti alla realtà esperita) risulta complesso: è necessario recuperare la massima aderenza ai documenti senza per questo dimenticare la loro contestualizzazione storica al fine di poter giungere ad una riflessione lineare e mai ‘di parte’ (che spesso costituisce un substrato inconsapevole). Negli aspetti più stantii della tradizione non è difficile scorgere un retaggio della politica fascista, in cerca di miti da sostituire alla storia sui quali fondare il proprio procedere. Il Ventennio si rese così responsabile di un ‘furto della memoria’ attraverso l’appropriazione strumentale del valore di figure e di motti fortemente evocativi che, da questa distorsione, risultarono indelebilmente alterati nella loro essenza.

La figura del generale Capello percorse l’iter opposto: fu proprio il suo presunto (quanto improbabile) coinvolgimento nell'attentato a Mussolini a condannarla all’oblio più tenace nonostante la portata del suo contributo alla vittoria italiana. Il profilo del liberatore della Santa Gorizia e del vincitore della Bainsizza venne deliberatamente oscurato, nel timore che le sue scelte democratiche stimolassero in molti un pensiero critico disfunzionale agli obiettivi politici prefissati.

Il valore di Capello non poté così tranquillamente confluire nell’epopea  della Grande Guerra anche perché fu eletto, insieme ad altre figure eccellenti, a capro espiatorio della grave sconfitta che funestò l’Italia nell’ottobre del 1917. La prospettiva storica ha permesso di vedere la chiara matrice politica del lavoro della Commissione d’Inchiesta, nominata a ridosso dei fatti e, soprattutto, a guerra non ancora conclusa: la persona del Generale venne pesantemente attaccata, anche a causa delle testimonianze (non sempre attendibili sul piano concreto) di Sottoposti che mal sopportavano la sua insofferenza nei riguardi di chi non si dimostrava solerte nel compimento del dovere. Poco importa che in seguito le responsabilità attribuitegli dalla Commissione subissero un ridimensionamento più vicino al vero: tale riconoscimento tardivo venne vincolato ad un’adesione al regime che egli, nonostante le condizioni nient’affatto rosee in cui si trovava, rifiutò con fierezza.

Luigi Capello rappresenta il prototipo della figura scomoda e, si aggiunga, ancor più invisa perché non così facilmente attaccabile sul piano professionale. La sua abilità nel trovare soluzioni innovative unita a rara capacità di convincimento del suo interlocutore lo rese incompatibile con chi continuava a misurare la guerra con gli stessi criteri della vita di guarnigione. Anche il suo status (non apparteneva alla nobiltà di spada e il suo temperamento ‘esagerato’ ne costituiva la dimostrazione più lampante), in chiaro contrasto con la posizione di responsabilità raggiunta, influì nella percezione che di lui ebbe il mondo militare del tempo, decisamente conservatore.

È fondamentale ricordare, come molti documenti citati nel lavoro attestano, che le innovazioni di metodo e di gestione degli uomini da lui portate avanti strenuamente nonostante le resistenze incontrate vennero poi applicate con successo dopo la sua uscita di scena determinata dallo scacco subito dalla II Armata nella XII Battaglia dell’Isonzo.

La sconfitta di Caporetto rappresenta un fenomeno corale, causato da una pluralità di fattori fra i quali non fu estraneo il palesarsi di un pensiero obsolescente, lo stesso pensiero farraginoso avversato, non senza conseguenze (positive sul piano bellico e negative su quello personale), dal generale Capello. Risulta fuorviante convogliare le cause complesse della sconfitta in capo a pochi colpevoli che altro non rappresentano se non la punta dell’iceberg di un sistema i cui principi sottesi risultano disfunzionali rispetto alle istanze del tempo.  Le dinamiche che si sprigionarono durante l’intero conflitto, prima e dopo l’ottobre del 17, trovarono comunque il Generale costantemente dalla parte sbagliata.

Non è questa un’apologia di un uomo bensì la ricostruzione della sua figura storica e del contesto in cui si trovò a vivere e ad operare, dove la complessità dei fatti e la loro essenza scaturiscono dalle intersezioni delle diverse prospettive dei numerosi protagonisti.

La verità strenuamente perseguita da Luigi Capello esce da questa ricostruzione nel suo alternarsi di luci e ombre, verità che si esalta nella distinzione fra lezioni apprese e lezioni ancora da apprendere.

MLSQ

mercoledì 20 settembre 2023

L'U.E. - nella trasiziione globale

 

L’ U.E. nella transizione globale

Sergio  Benedetto  Sabetta

 

               Nel pensiero unico dell’economia di mercato affermatosi con il crollo della Cortina di ferro, in cui non vi è la necessità di accordi, secondo l’insegnamento di Keynes, per evitare i “fallimenti” di mercato già verificatosi varie volte nella storia, il libero mercato diventa uno “stato di natura” di cui la governance democratica è una semplice sovrastruttura politica.

               Viene meno la necessità di trattati sistemici tra sfere di influenza, essendo i meccanismi dell’economia di mercato sufficienti a tenere insieme le singole nazioni, anzi a spingerle progressivamente verso modelli di governance democratici nella prospettiva di una ineluttabile prosperità comune.

               Una visione talmente radicata che nemmeno la grave crisi del 2008, richiamando la crisi del 1929 foriera degli sconvolgimenti degli anni trenta del ‘900, ha scalfito nonostante il suo allargarsi nel decennio successivo con gli attacchi speculativi e l’Italia nel 2011, fino a Portogallo e Irlanda (PIGS).

               La risposta dell’U. E. è la “politica dell’austerità” ispirata dalla Troika, intesa a stabilizzare l’Euro senza dovere coinvolgere di Stati dai conti pubblici privi di disavanzo, si evita così di condividere il debito, solo l’intervento massiccio della BCE di Draghi stabilizza il sistema Euro che altrimenti rischierebbe di essere travolto.

               L’interpretazione della crisi finanziaria come mero rischio redistributivo persiste per un decennio, fino alle crisi della pandemia e della guerra in Ucraina, quando viene varato per gli anni 2021-2027 il PNRR nel quale vie è una visione unitaria dell’economia europea  e del suo rilancio attraverso una condivisione unitaria del debito.

               A livello globale si assiste ad un cambiamento del modello concorrenziale dell’ultimo trentennio, con un rimpatrio in Occidente dei processi di produzione riguardanti le attività strategiche, quali i sistemi di difesa e sicurezza, mentre la Cina, visto il blocco sulla “via della seta”, cerca di sviluppare nuovi mercati in Asia e Africa.

               Se gli USA, possedendo un sicuro approvvigionamento a bassi costi di materie prime ed energia, puntano alle produzioni innovative e a costi contenuti, l’Europa viene a trovarsi priva di una visione geo-strategica da affiancarsi necessariamente a quella geo-economica, non avendo una sufficienza né energetica né sulle materie prime.

               L’attentato del 2001 alle Torri Gemelle equivale alle crisi del 2020 e 2022 che modificano  i paradigmi strategici ed economici in Europa,  già modificati implicitamente dall’allargamento ad Est tra il 2004 e il 2007 di cui premessa ne è stato il Trattato di Nizza anch’esso del 2001, ne è dimostrazione il “Trimarium” e la crescente importanza di Varsavia per gli USA nello scacchiere europeo (AA.VV., La Polonia Imperiale, Limes, 2/2023).

               Nel constatare che il libero mercato non assicura di per sé la democrazia viene meno l’illusione illuministica della pace universale, fondata sul calcolo razionale delle pure convenienze economiche, riemerge pertanto il “sovranismo razionalistico” quale interesse del particolare contrapposto all’universale.

               La crisi di questo triennio, 2020-2021, e la volontà in Europa di rilanciare l’economia sulla riconversione delle attività in green, viene a scontrarsi su problematiche che rischiano di trasformare la Next Generation EU in un catalogo di buone intenzioni.

               Si deve considerare che la Cina è passata da una riserva e capacità di produzione di “terre rare” dal 70% al 90% delle quote di mercato, es. i pannelli solari e le batterie elettriche, inoltre alla fine del 2021 ha provveduto alla statalizzazione di tutto il settore con la creazione del colosso “China Rare Earth Group” (Il Sole 24 Ore Plus 24 del 13/8/22 e il Corriere della Sera del 30/6/22: “ La Cina è la signora dei pannelli solari: all’Italia serve una filiera”).

               Attualmente la Cina ha il 67% di produzione di germanio e il 61% di silicio metallico, nonché il 79% del mercato dei pannelli solari, anche attraverso accordi economici e strategici con numerosi paesi forniti di disponibilità delle risorse minerarie e dei suoi bassi costi di produzione pianificati.

               Si passa, quindi, da una dipendenza del gas russo ad una dipendenza tecnologica dal colosso cinese, nella mancanza di una visione unitaria tra geo-economia e geo-strategia, dove nello sviluppare una economia sostenibile non si considerano i 17 minerali strategici necessari, né, è stato da più parti giustamente osservato, l’abbattimento dell’inquinamento non può concentrarsi solo in Europa, per il suo peso totale di circa il 9% in ambito mondiale, né troppo velocemente per non finire in una dipendenza strategica.

               Vi è inoltre una mancanza di chiarezza, cercando di sostituire il recupero della crescente energia elettrica necessaria con il ricorso al nucleare, o il voler applicare lo stesso modello in contesti diversi, basti pensare alle recenti problematiche edilizie sia in termini di costi che di qualità dei materiali (La droga Superbonus. Un’ overdose di edilizia da cui bisogna uscire, in La Repubblica 27/2/23), né si è fatta chiarezza, nel rapporto inquinante tra auto, navi e trasporto aereo, forse per salvare importanti settori economici.

               Le crisi degli ultimi tre anni hanno inoltre evidenziato l’abuso del debito pubblico e privato, circostanza che indebolisce ulteriormente il modello economico attuale.

               Il venir meno del sistema di Bretton Woods nel 1971 ha aperto le porte all’inventiva finanziaria ed alla conseguente speculazione, deresponsabilizzando gli Stati sulla propria moneta e sulla sua suo stabilità, venendo meno il rapporto tra economia e finanza, fino a raggiungere un ammontare ad oggi di 300 mila miliardi di dollari, pari al 360% del PIL mondiale.

               Questo ha favorito la “trappola della liquidità”, disincentivando gli investimenti a lungo termine e i conseguenti rischi, necessari negli investimenti sui cambiamenti attuali, ma anche ponendo una debolezza verso i Super Stati con surplus economico (Il fallimento del sistema finanziario mondiale, in La Guerra Grande, Limes, 7/2022).

 

domenica 10 settembre 2023

Leonardo Avellone La Difesa Aerea in Italia

 Nascita e sviluppo del sistema Nike 

di Leonardo Avellone*

Negli Stati Uniti sì incomincio a discutere della necessità di realizzare proiettili che, sfruttando la possibilità offerte dai radar, fossero in grado di essere guidati direttamente contro un aereo e non solo di esplodere nelle sue vicinanze. In questo modo, sparando a colpo 5 sicuro, si sarebbe massimizzato il loro effetto distruttivo senza dover aumentare a dismisura il loro numero. I primi approcci della nuova filosofia evidenziarono la necessità che i futuri proiettili fossero perlomeno dotati di un’auto propulsione a razzo che incrementasse notevolmente la gittata per colpire lontano sfruttando al meglio la portata del radar. Tutto ciò però si scontrava con le piccole dimensioni di un proiettile di artiglieria e, allo scopo di stimolare una soluzione a questi problemi, nel febbraio del 1944 il servizio aereo degli Stati Uniti e l’US Army incaricarono il settore dell’esercito competente in materia di studiare un nuovo sistema di munizionamento antiaereo. Ci voleva qualcosa di grande e innovativo e il 17 agosto del 1944 il tenente Jacob W. Schaefer, in risposta alla richiesta di febbraio, presentò un memorandum nel quale delineava i concetti ispiratori per una nuova classe di armi antiaeree. Egli proponeva lo sviluppo di un proiettile di grandi dimensioni, spinto da un razzo o in alternativa da un motore del tipo montato sulle V1 tedesche, che avrebbe seguito una traiettoria secondo gli ordini di guida calcolati da un computer e trasmessi da un radar. Il proiettile razzo sarebbe stato guidato non direttamente contro l’aereo ma, qui sta la grande novità, verso un punto futuro di scoppio continuativamente calcolato da un computer che teneva conto dei parametri di volo e delle manovre evasive adottate dal bersaglio. Schaefer non era certo né uno sprovveduto né un visionario. Nella vita civile, prima di essere richiamato nell’esercito a causa della guerra, era un tecnico di una compagnia già famosa nel campo delle comunicazioni e della elettronica la Bell Telephone Laboratories. L’US Army pertanto il 31 gennaio del 1945 incaricò proprio la Bell di presentare uno studio di fattibilità iniziale di un sistema antiaereo capace di distruggere velivoli che volassero alla velocità del suono a 18.000 m di quota e alla distanza di 45 km. L’incarico fu accettato e, il seguente 8 Febbraio e il successivo 15 luglio, la Bell presentò un rapporto tecnico di fattibilità (l’AAGM report) basato su alcuni principi che avrebbero delineato il futuro del sistema missilistico. Essi prevedevano in dettaglio : Un ordigno supersonico a due stadi a lancio verticale, composto da un razzo d’accelerazione a combustibile solido e da un missile spinto da un motore a propellente liquido (linea guida iniziale), il primo stadio al termine della spinta si sarebbe sganciato ricadendo a terra. Comandi di controllo remoti, trasmessi tramite segnali radio per la guida del missile verso il punto futuro di scoppio e della sua detonazione. Un computer a terra, che avrebbe elaborato i segnali provenienti dal radar per l’inseguimento sia del bersaglio che del missile in volo. 6 Nacque così il progetto NIKE dal nome beneaugurante della mitologica “Dea greca della vittoria”. La Bell Telephone incaricò la sua subordinata Western Electric di sviluppare l’architettura elettronica nei campi radio, radar, comunicazioni, matematica, calcolatori e servosistemi. Alla Douglas Aircraft Company fu affidato lo sviluppo del missile e del relativo lanciatore e le due compagnie, insieme a un pool di 40 ditte minori e a organici tecnici dell’US Army, nonché la California Institute of Technology, iniziarono subito la fase di ricerca e lo sviluppo del nuovo sistema d’arma. La fine della guerra caratterizzata dalla smobilitazione e dal monopolio nucleare degli Stati Uniti rallento i finanziamenti del progetto, fino a quando si materializzarono le nuove minacce portate dal vento della guerra fredda. Nel ’47 infatti fece l’apparizione il bombardiere sovietico Tupolev 4 la cui ombra oscurò subito i cieli delle città americane. Un aereo in pratica gemello del Boeing B 29 della seconda guerra mondiale che poteva colpire il territorio e le città USA. Nel ‘49 lo stesso tipo di aeroplano sganciò la prima bomba atomica sovietica, infrangendo quello che era il monopolio nucleare statunitense. Anche la guerra di Corea iniziata nel 1950 fu un momento importante in quanto vide il nascere di un nuovo attore bellico nella scena mondiale . La Repubblica Popolare Cinese. “ Il 1 ottobre 1949 Mao annuncia la nascita della Repubblica popolare cinese. Pochi mesi dopo vola in Russia per siglare un accordo di alleanza con l’Unione Sovietica. Questo genera nel resto del mondo e in Occidente in particolare tutta una serie di preoccupazioni. Da quel momento non sarà più possibile attaccare l'Unione Sovietica da occidente e da sud perché la Cina farà da cuscinetto protettivo o baluardo in Asia. Si capì allora cosa significava l’attacco della Corea del Nord verso il sud con l’appoggio della Cina. Fu la conferma ennesima e definitiva della politica espansionistica di tutto il blocco comunista verso la conquista del mondo.” (A). Questo dimostrò l’impellente necessità di disporre di moderni ed efficaci sistemi antiaerei. A fronte di queste nuove minacce l’US Army, nello stesso anno, aumentò i finanziamenti per lo sviluppo del progetto Nike. Fu così che il 27 novembre 1951 il Nike entrò nella storia missilistica per essere stato il primo sistema ad ingaggiare un aereo in volo nel lancio round 69. Un “AJAX”, come verrà chiamato il missile teleguidato, dotato di una testata di prova esplose a 17 metri da un 7 bombardiere B 17 radio guidato. Successivamente il 10 Aprile 1952 mediante l’esplosione di un Ajax con testata da guerra operativa si ebbe il primo abbattimento effettivo. Si raggiunse quindi l’obiettivo di dotare di un sistema missilistico, che assicurasse la difesa aerea, una delle prime città e zone industriali americani quando con la batteria Nike operativa Ford Medley nel Maryland si difese l’area che comprendeva la città di Washington e Baltimora. Era forte però la consapevolezza che i sovietici stavano rapidamente progredendo nello sviluppo dell’aviazione d’attacco, acquisendo una sempre maggiore capacità di inviare consistente flotte di bombardieri in grado di trasportare e sganciare ordigni nucleari nel suolo statunitense. Nel ‘54 entrarono poi in linea nuovi aeroplani come il Tupolev 16 e il Tupolev 95 capace di trasportare ordigni nucleari a oltre 15.000 km di distanza. L’Ajax in poco tempo si rivelò superato, perché la sua portata massima di circa 40 km era ritenuta limitata e l’intercettazione sarebbe avvenuta una distanza troppo ravvicinata alle città americane. Così già nel 1952 fu dato l’incarico alla Bell di studiare la fattibilità di poter installare a bordo dell’Ajax una carica nucleare e di aumentare la ridotta gittata del missile. Il nuovo progetto che intendeva aggiungere la possibilità di impiegare due missili contemporaneamente della stessa batteria (capacità poi non raggiunta) con lo sviluppo di nuovi calcolatori, antenne e radar e di poter avere maggiore gittata (obiettivo invece conseguito). Il nuovo progetto fu denominato inizialmente Nike B e poi Nike HERCULES. Durante i primi lanci sperimentali avvenuti nell’inizio del 1955, il nuovo sistema fornì dimostrazione straordinarie arrivando ad abbattere missili tattici, bersagli teleguidati e anche un missile gemello, tanto che la prima unità Nike Hercules divenne operativa già il 13 Marzo del 1958 per la difesa di Chicago. Ancora più impressionante fu il test che vide un missile Nike Hercules intercettare un altro Hercules con ingaggio a 48 km dal punto di lancio a 30.500 m e con velocità d’impatto di mach 7. L’Hercules era altamente manovriero per l’epoca, era capace di raggiungere i 33.000 m di quota e i 128 km di distanza e fino agli anni la metà degli anni ‘60 solo negli Stati Uniti, dall’Alaska alle Hawaii, furono operative circa 250 basi missilistiche. 8 I requisiti del sistema Nike Hercules erano anche stabiliti per operare in condizioni ambientali difficili. Si poteva e doveva essere in grado di funzionare mantenendo la piena operatività 24 ore al giorno, 7 giorni su 7 , con umidità atmosferica del 100% , venti di oltre 60 km/h e temperature che andavano dal - 20 ai + 50 gradi. Il nuovo sistema missilistico era quindi stato progettato per essere un’arma formidabile, aveva prestazioni per l’epoca eccezionali soprattutto in termini di gittata e di quota, tanto che i bombardieri pilotati strategici, anche se supersonici, vennero messi in dubbio come arma offensiva e dopo l’avvento di questo sistema non avrebbero più avuto la stessa importanza di prima. Il sistema in quel periodo rispondeva a pieno alle esigenze di difesa aerea statunitense e sarebbe diventato operativo in molti paesi del mondo. - Caratteristiche missile e sistema d’arma 9 Scheda tecnica MIM-14 Nike Hercules Peso totale 4.785 chilogrammi lunghezza totale 11,89 m velocità massima 3,5 match accelerazione massima di manovra 10 g distanza massima di ingaggio oltre 120 km quota massima di ingaggio 100.000 piedi ( 33.000 m) testata guerra a frammentazione 501 kg motore di accelerazione booster - peso 2.404 kg lunghezza 4, 27 m propellente solido tempo di combustione 3,4 secondi spinta 78.743 chilogrammi corpo del missile - peso 2.381 chilogrammi lunghezza 8,23 m propellente solido tempo di combustione 29 sec. spinta 6.123 chilogrammi Il missile si componeva di quattro parti principali sviluppate per tutta la sua lunghezza. La sezione anteriore caratterizzata da una prua appuntita, una unità di guida, e delle pinne stabilizzatrici (con tubi di Pitot) che fungevano da antenne trasmissione e ricezione. La sezione successiva era il corpo con le testate esplosive. La terza sezione era la parte posteriore del missile composta dal motore principale, una sezione di apparecchiature e attuatori e quelle che poi erano le alette o i timoni direzionali. La quarta e ultima sezione era il gruppo booster con delle alette stabilizzatrici nella parte finale. 10 Il missile per la sua struttura molto caratteristica era aguzzo e possente allo stesso tempo, con un’insieme di caratteristiche che lo rendevano unico tra suoi numerosi concorrenti dell’epoca. Era bi/stadio. Nella parte inferiore aveva ben quattro motori a razzo con propellenti solidi riuniti in un complesso chiamato M 42, studiato per ridurre la lunghezza del missile a valori accettabili. Realizzato con i motori di accelerazioni booster M5 E1 era dotato anche di quattro ali cruciformi per la stabilizzazione. Questo complesso pesava da solo 2.345 chilogrammi e dava quasi 80.000 kg di spinta per 3,4 secondi e una volta finita la spinta veniva sganciato per non appesantire inutilmente il corpo missile vero e proprio. La parte superiore, il missile principale, era di diametro minore. Era dotato di una struttura a pallottola allungata con quattro alette anteriori fisse, quattro grandi ali triangolari posteriori per la stabilità del volo, ma anche con alettoni per il controllo della direzione e quota sistemati nella parte finale di questo stadio. Pesava 2.500 kg e non solo era il doppio del predecessore Ajax, ma anche molto di più di quello che era il peso del suo concorrente sovietico e questo illustra il perché l’Hercules avesse prestazioni tanto elevate. Questo stadio aveva inoltre un motore a razzo a combustibile solido con un Sustainer ThioKol M 30 da 500 chilogrammi di spinta, sufficienti per un rapporto potenza di 2 a 1 e una velocità che arrivava oltre i 3 Mach. Questo motore funzionava per 29 secondi dopodiché il missile continuava a volare per inerzia. Dal momento che la velocità era di circa 1 km al secondo, gran parte del volo oltre 110 km veniva percorsa senza alcun sistema di propulsione attivo. La testata era di due tipi : una convenzionale T 45 con un peso di circa 500 chilogrammi, costituita in corpo unico con una carica esplosiva di circa 270 kg di esplosivo che scagliava tutti intorno circa 20.000 frammenti in acciaio da 140 grani. L’esplosione provocava una sfera letale di circa a 70 / 80 m di diametro, con una zona morta posteriore a forma di cono stretto. Per capire la potenza di una esplosione come quella programmata basta ricordare che un proiettile di 140 grani equivale a quello sparato da una singola cartuccia di un fucile in 7,62 Nato. Questo concetto di abbattimento fu considerato ai tempi innovativo (pur riprendendo vecchie idee degli scienziati tedeschi della II-WW) perché, oltre ad essere efficace sull’intercettazione di un singolo target, permetteva di colpire molti aeroplani in volo contemporaneamente nella stessa zona di intrusione. C’era poi la possibilità di utilizzare una testata nucleare W 31 con potenza variabile di 2, 20 o 40 Kilotoni. Quindi erano 3 versioni, con potenze diverse, dello stesso tipo di ordigno. Si trattava di un’arma a fissione, potenziata con idrogeno pesante in una cavità centrale del 11 nucleo di plutonio, che ne aumentava il rendimento dal 20 al 40% e rendeva l’arma meno suscettibile ad esplosioni premature in caso di irraggiamento da radiazioni nucleari di vicine altre esplosioni. In tutti i casi la spoletta veniva attivata sempre da comando radio. Il perché della possibilità di impiegare una carica nucleare in un sistema missilistico studiato prevalentemente per la difesa da attacchi aerei è presto detto, ed è pienamente in linea con le strategie del periodo. Si voleva avere la massima certezza di distruggere con un solo colpo il maggior numero possibile di bombardieri nemici. Nello stesso tempo sarebbe stata garantita la disintegrazione in area delle bombe nucleari che essi avessero avuto a bordo. In più, oltre a questo che erano lo scopo tattico, molto importante era anche il cosiddetto scopo strategico, cioè il contribuire alla deterrenza nucleare che era la base dell’equilibrio della pace mondiale. Anche per questo il Nike Hercules sopravvisse a lungo e ben al di là della sua obsolescenza tecnica. La testata rientrava nelle cariche nucleari basate sul principio della fissione potenziata della fusione e questo tipo di principio fisico ha il vantaggio di un’elevata sicurezza dell’arma, in quanto, visti gli accorgimenti costruttivi che separano fisicamente gli isotopi dell’idrogeno dal materiale fissile, è impossibile che avvenga un innesco non voluto della reazione nucleare. In pratica tutti gli ordigni schierati in Italia predisposti già per il lancio erano con una sicura naturalmente inserita che li rendeva inerti. A disposizione dell’ aeronautica dell’epoca, questi sistemi nucleari erano definiti “speciali“. Il termine speciale in Aeronautica Militare indicava sostanzialmente l’armamento nucleare e derivava da quello Nato di Special Weapons. Veniva usato perché meno allarmante per la popolazione. Si riteneva inoltre più idoneo al mantenere il delicatissimo argomento entro una cornice di riservatezza tipica del periodo, sia per le caratteristiche del sistema politico del tempo e sia per la percezione che si aveva allora, ma anche oggi, del nucleare in Italia per scopi militari. Il radar che è un acronimo di Radio Detecting and Ranging (rilevamento radio e misurazione di distanze), messo a punto poco prima e durante la seconda guerra mondiale, sfrutta il principio della riflessione di onde elettromagnetiche chiamate più diffusamente onde radio. Questo come principio generale, ma nel caso specifico del sistema missilistico Nike Hercules bisogna illustrare tutte le varie componenti radar del sistema e che sono parte essenziale per il corretto funzionamento dello stesso. 12 Innanzi tutto dobbiamo parlare del radar principale il LOPAR - Low Power Acquisition Radar (radar di acquisizione a bassa potenza). Le funzioni del radar primario Lopar, che è chiamato anche ACQ, erano quelle di ricerca e scoperta dei bersagli in volo entro la sua portata. Esso è composto da un’antenna direzionale che, continuamente rotante sul proprio asse di 360 ° in azimuth, irradiava a forma di lobo lo spazio RF di impulsi generati da un magnetron. Il riflesso RF del Target, che poi veniva elaborato in valore della distanza e quello dell’azimut era ricavato mediante un dispositivo collegato alla rotazione dell’antenna e tarato sul nord geografico. L’energia riflessa RF era inoltre convertita in segnali video che consentivano la visualizzazione dell’eco dei bersagli in alcuni tubi a raggi catodici. Il Lopar aveva una portata di oltre 200 km. Fase importante fu quando, tra il 1964 e il 1985, l’apparato fu completato con un’antenna ulteriore, presente e all’interno del sistema che era il cosiddetto IFF - Identification Friend or Foe (identificazione amico e nemico). L’IFF è un particolare apparato ricetrasmettitore per l’identificazione elettronica della traccia degli aerei, dotato di un coder/decoder e di una propria antenna in genere sincronizzata in rotazione con il radar di ricerca. Quando era richiesta l’identificazione, il sistema trasmetteva verso il velivolo un pacchetto con un codificato di impulsi radar. L’aereo, che era dotato dell’ apposito transponder, riconosceva il pacchetto di interrogazione e inviava una risposta codificata di ritorno che permetteva di considerare sicuramente amica una traccia. Quando invece vi era un caso di mancata o risposta errata l’ IFF considerava e associava un segnale al velivolo come probabilmente nemico. L’apparato fu poi completato da un ulteriore sistema detto SIF- Selective Identification Feature che, per ulteriore sicurezza, elaborava i segnali su tre modi di operazioni, mediante vari codici a due cifre che dovevano essere cambiati ogni trenta minuti, secondo tabelle “classificate” uniche per tutta la Nato. Il sistema IFF/SIF che fu installato nel 1964 nel Nike italiano era il Mark X, ma successivamente fu modificato negli anni ‘80 perché molto sensibile ai fattori atmosferici. Furono inoltre fatte migliorie e modifiche all’antenna in uso. Poi c’era il radar di inseguimento bersaglio TTR – Target Tracking Radar che aveva lo scopo di inviare continuamente al computer i dati di posizione del target designato dal LOPAR e quindi calcolava attentamente l’elevazione, l’azimut e la distanza in linea d’aria. L’antenna ruotava automaticamente sul proprio asse direzionale si posizionava sui valori di ricevuti. Era di tipo parabolico ed emanava un fascio molto stretto, in modo da poter calcolare con 13 attenzione i dati riguardanti il target che veniva inquadrato. La distanza massima di operatività era 180 km. Una volta agganciato, il bersaglio veniva inseguito dal TTR fino al termine dell’ingaggio o alla sua distruzione. Allo stesso tempo i valori rilevati della sua posizione (elevazione, azimut, distanza) venivano continuamente inviati al computer per il calcolo del punto futuro di intercetto, cosiddetto PIP. Radar di rilevamento della distanza TRR -Target Ranging Radar Il TRR aveva lo scopo di trasmettere al computer i dati della distanza integrandoli con quelli del TTR. Per assolvere a questa funzione era dotato di due differenti sistemi trasmittenti, selezionabili manualmente, chiamati canali A e B ed a essi erano associati altrettanti ricevitori. Nelle fasi dell’ingaggio normalmente il TRR inseguiva lo stesso target agganciato dal TTR operando indifferentemente con uno dei due canali, mentre l’altro era per posizionato su carico fittizio. Quando il target emetteva disturbi elettronici entravano in funzione alternativamente tutti e due i canali (con selezione manuale automatica) spostandosi di volta in volta su una diversa frequenza, in modo che l’inseguimento del target poteva continuare anche se il TTR non fosse stato più in grado di farlo a causa dei disturbi elettronici. Nella parte strutturale era identico a quella del TTR. Altro apparato era il radar di inseguimento del missile MTR - Missile Tracking Radar che aveva lo scopo di mettere in comunicazione missile e computer tra loro . Il computer inviava al missile i comandi guida verso il punto di intercettazione e l’ordine di scoppio, viceversa il missile rispondeva trasmettendo i suoi dati sulla posizione e la velocità lungo tutta la sua traiettoria. Il MTR agganciava elettronicamente il missile quando si trovava in una posizione verticale sul lanciatore e continuava a inseguirlo in modo automatico durante tutta la fase del volo. Il radar trasmetteva un segnale RF verso il ricevitore del missile che a sua volta tramite un suo trasmettitore rispondeva con un proprio segnale. Il computer valutava i dati di posizione del missile ed elaborava i nuovi ordini di guida rimandandoli la MTR perché li trasmettesse al missile sotto forma di segnali codificati. Il codice variava per ogni batteria Nike in modo tale che il missile non poteva venire scambiato con quello inseguito da un differente MTR magari di una base vicina. Il continuo scambio di segnali codificati permetteva, con estrema precisione, il controllo della guida e al momento opportuno l’invio dell’ordine di scoppio della testata. Il MTR terminava così la sua funzione e tre secondi dopo era già pronto per riposizionarsi su un nuovo missile designato nel frattempo, e pronto per un successivo lancio. 14 Cosa comune a le antenne TTR, TRR ed MTR che esse erano montate su pianali muniti di quattro ruote gemellari che le rendevano agevolmente trasportabili su strada. In posizione operativa tre supporti estensibili e livellati assicuravano la stabilità. Alcuni circuiti elettronici erano protetti da un radome, in resistente telo sagomato di materiale sintetico, sostenuto da una serie di aste flessibili in vetroresina. I radome erano mantenuti costantemente rigonfi da un sistema di ventilazione che dava ai radar il classico aspetto a palla, come infatti veniva anche scherzosamente chiamato.



Tratto dalla tesi discussa nella sessione estiva Anno Accademico 2022/2023 del Master in Politca MIlitare Comparata