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lunedì 18 aprile 2016

Orizzonti di difesa europea: si guarda a Berlino e Roma

Rischi globali e sfide europee
Italia e Germania, motore della difesa Ue
Vincenzo Camporini
02/04/2016
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Sta prendendo il via una nuova fase di collaborazione nel campo della sicurezza e difesa tra Germania e Italia, in un più ampio quadro istituzionale europeo.

Nell'ultima metà del secolo, i rapporti tra i due paesi sono stati molto prosperi nell'analisi dell'efficienza operativa e industriale. I progressi della cooperazione nel settore della sicurezza e difesa nell’ambito dell’Unione europea hanno invece subito un arretramento: si avverte oggi, infatti, la necessità di dare un nuovo impulso, cercando di ritrovare l'entusiasmo della stagione 1999/2000.

Ritrovare l’entusiasmo perduto
Diversi sono stati i successi del recente passato, come la collaborazione industriale per il programma MRCA 75,che ha portato alla produzione - insieme alla Gran Bretagna - del velivolo Tornado (che oggi costituisce il core delle capacità di attacco delle due aeronautiche). La cooperazione è poi stata rinnovata, stavolta assieme alla Spagna, per lo sviluppo e la produzione dell’Eurofighter. Anche nel settore delle forze terrestri e navali si sono verificate sinergie significative che costituiscono ancora oggi esempi di realizzazione mediante le capacità tecnologiche europee.

È questa una somma di risultati assai importanti se si considera che, a differenza di quanto accade in ogni settore, finora le tecnologie per la difesa sono state sviluppate nei paesi dell’Ue senza il minimo supporto da parte delle istituzioni comunitarie.

Il potenziamento del settore, dunque, è dato dalla sola base di sforzi delle singole industrie nazionali che si sono virtuosamente associate, mirando, però, solo a specifici progetti e non a un disegno più ampio. L'esperienza dell'Airbus, infatti, è l'emblema di aggregazioni e consolidamenti che rientrano in un quadro tattico ma non strategico. Ora, dunque, si possono aprire prospettive straordinarie di cooperazione fra Germania e Italia per una sinergia delle rispettive eccellenze tecnologiche e manageriali.

Limiti nazionali e sinergie europee
Il desiderio di cooperare tra le forze armate dei paesi alleati è un fatto storico: in Europa, ben prima della formalizzazione dell’Helsinki Headline Goal nel dicembre del 1999, si contavano 57 iniziative di collaborazione. Alcuni erano accordi di tipo istituzionale, come l’Eurocorpo, altri erano nati da esigenze specifiche, come l'ormai chiusa scuola trinazionale TTTE per la conversione degli equipaggi di volo sul velivolo Tornado.

Infatti, era già ben chiaro alle gerarchie militari nazionali che solo unendo determinate capacità sarebbe stato possibile la creazione e la disposizione di strumenti militari idonei a sostenere efficacemente le politiche estere dei singoli Paesi.

Vero è che, tuttavia, alcune iniziative interessanti non avevano avuto esito, come quella di costituire un unico stormo italo-tedesco per la capacità ‘antiradiazione’, cioè per la neutralizzazione dei sistemi di avvistamento radar avversari. Germania e Italia dispongono entrambe degli stessi velivoli, i Tornado ECR, con lo stesso tipo di armamento, i missili AGM88 HARM, con equipaggiamenti compatibili: appariva dunque naturale pensare ad un’integrazione binazionale, che avrebbe consentito significative economie di gestione, anche e soprattutto dal punto di vista logistico, ma non se ne fece nulla. Peccato.

La strada della cooperazione strutturata permanente
Al momento, i motivi per ricercare ulteriori e più integrate forme di cooperazione sono diventati impellenti. Gli ultimi 15 anni hanno visto una progressiva erosione delle capacità militari dei singoli paesi, anche di coloro che potevano vantare tradizioni e forze più significative. La credibilità di molti non può né deve essere cercata negli accordi bilaterali esclusivi, come quello sottoscritto a Lancaster House nell’autunno del 2010 tra Francia e Gran Bretagna che contraddice nella forma e nella sostanza la volontà politica espressa nel Trattato di Lisbona.

Eppure da tempo esistono strumenti istituzionali per procedere verso una più stretta integrazione, come la “Cooperazione Strutturata Permanente” prevista nel Trattato di Lisbona, finora utile solo ad essere evocata nei comunicati finali di qualche riunione ministeriale. Oppure l’Agenzia europea della Difesa, con compiti che potrebbero essere molto incisivi, ma limitati per esplicita volontà politica dei governi; le risorse finanziarie che le vengono attribuite annualmente ne garantiscono solo la sopravvivenza, con oltre il 75 % dei fondi impiegati nel pagamento del personale dipendente.

Quando si parla di volontà politica è il caso di domandarsi quale fra i maggiori paesi dell’Unione abbia assunto in politica estera atteggiamenti non dissonanti nelle relazioni esterne all'Ue e nella disponibilità di farsi carico della gestione delle crisi che erompono alle porte dell’Europa. Da questa analisi emergono singolari somiglianze e interessanti compatibilità tra gli atteggiamenti di Roma e di Berlino. Due paesi che hanno maturato la consapevolezza che gli interessi nazionali devono essere perseguiti con un profondo rispetto per quelli altrui, la cui diversità deve essere compresa e rispettata.

Roma e Berlino in prima linea
È necessario, quindi, riflettere e studiare un piano bilaterale per avviare cooperazioni sempre più strette nel settore della difesa, in particolar modo nelle capacità industriali, dove eventuali integrazioni possono determinare un ruolo rilevante nel mercato globale. Inoltre, è opportuno approfondire e analizzare anche l’aspetto istituzionale con l’obiettivo per concretizzare realmente una ‘Cooperazione Strutturata Permanente’, secondo i dettami degli articoli 42.6 e 46 del Trattato di Lisbona e le clausole previste dall’annesso Protocollo 10.

Le forze armate sono pronte a un salto di qualità: le cooperazioni passate garantiscono l'assenza di ostacoli tecnici. È giunto il momento che i Ministri della Difesa dei due paesi avviino senza indugio un tavolo tecnico-politico per concretizzare un’iniziativa atta ad avviare un nuovo capitolo della storia dell’Europa, coinvolgendo, successivamente, tutti gli altri stati membri.

Vincenzo Camporini, già Capo di Stato Maggiore della Difesa, è vicepresidente dello IAI.
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