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domenica 20 agosto 2023

Leonardo Avellone La Difesa Aerea in Italia negli anni 80

 


Difesa aerea italiana negli anni ‘80 

Leonardo Avellone*



A questo punto per avere un quadro del sistema Nike Hercules più completo non si può prescindere dall’analizzare la difesa italiana del periodo, e in particolare tutto il sistema integrato della difesa aerea, in modo da comprendere all’interno di quale organizzazione operassero i gruppi di intercettori teleguidati italiani. Durante la guerra fredda l’Arma Azzurra assolse il compito del controllo dello spazio aereo italiano con dei centri di comando sotterranei, alcuni anche a prova di bomba atomica, una articolata rete radar, con gruppi dotati di missili Hawk e Nike Hercules e con gli stormi dotati dell’intercettore per eccellenza F 104. La difesa italiana era inquadrata con una ben definita catena di comando, articolata su vari livelli e inquadrata poi all’interno di tutto il sistema europeo. Lo spazio aereo italiano era protetto quindi da una difesa tradizionale affidata alle forze aeree e da un sistema di intercettazione innovativo di bassa e alta quota che faceva capo a sistemi SAM. 29 Le principali missioni operative interforze ma in particolare dell’Aeronautica militare si potevano sintetizzare in 5 punti: - la difesa della frontiera nord-est che era quella principale - la difesa a sud e delle linee di comunicazione marittime - la difesa in generale dello spazio aereo - la difesa operativa di tutto il territorio e eventuali azioni di sicurezza in generale. La protezione civile allora era considerata una missione possibile ma non era inquadrata tra le priorità. Negli anni successivi tali missioni, insieme alle azioni di pace, avrebbero avuto sempre maggiore importanza, Per contrastare la minaccia di tutte le forze ostili provenienti da est e in particolare la minaccia aerea del patto di Varsavia, fu organizzato un sistema integrato e completo che va illustrato in sintesi nella sue componenti principali. - Sistema di comando e controllo Per valutare quella che è stata la catena di comando dobbiamo partire dagli anni ‘50 in cui si cominciarono insediare i vari comandi NATO. Nel 1951 il comandante supremo delle forze alleate in Europa fece sì che si costituisse e la 56° TAF - Tactical Air Force con sede all’aeroporto di Vicenza e da lì si iniziò a strutturare la catena di comando in ambito italiano. La scelta cadde sulla città veneta perché in quel luogo da decenni erano presenti un aeroporto militare, (sede del 14° stormo) e per la sua posizione molto vicina al confine del nord-est. In quei primi anni la TAF svolse i compiti di controllo dello spazio aereo. Iniziò anche ad avere relazioni con le istituzioni locali, all’interno dell’aeroporto Dal Molin di Vicenza (oggi dismesso) e nacque nel 1956 la 5°ATAF - Allied Tactical Air Force (forza aerea tattica alleata), con a capo un generale di squadra aerea italiano, con il compito dal 1962 della difesa di una vastissima area che comprendeva in pratica tutta l’Italia sino alla parte sud del bacino del Mediterraneo. In caso di guerra il comandante avrebbe gestito tutte la compagine aerea offensiva e difensiva per il controllo del cielo. Durante il periodo di pace avrebbe provveduto alla preparazione di tutti i piani operativi che venivano continuamente aggiornati, attraverso anche le numerose esercitazioni periodiche. La competenza del comando del 5° ATAF venne a sovrapporsi a quello delle tre regioni informazioni volo, cosiddette FIR - Flight Information Region assegnate all’Italia dalle normative internazionali nella versione civile, quindi note a tutta la “gente dell’aria”. La sua estensione era molto vasta in quanto andava dalle Alpi al Canale di Sicilia e dalla linea mediana dall’adriatico a quella fra la Sardegna e isole Baleari, con esclusione naturalmente della Corsica. Il comandante della 5° aveva il controllo operativo di tutto il traffico aereo militare che volava all’interno di questa vaste aree ed era responsabile 30 delle eventuali decisioni tattiche prese dai suoi subordinati. A tale scopo si avvaleva di un centro di controllo mantenuto sempre attivo il cosiddetto AOC - Air Operation Center tramite il quale operava. Nel 1981 l’ AOC venne trasferito all’interno di Monte Moscal di Affi cosiddetto WEST STAR. L’alto ufficiale comandava e gestiva per l’impiego diretto i tre ROC il 1° e il 2° (poi dismesso) e il 3° che in caso di guerra avrebbero coinvolto tutte le forze aeree nazionali. ROC - Regional Operative Command erano i comandi di guerra delle tre regioni aeree in Italia il 1° era a Monte Venda e aveva giurisdizione nel Nord Italia, il 2° era a Monte cavo sopra Rocca di Papa e fu attivo fino al 1976 e aveva giurisdizione nel centro Italia, e infine il 3° a Martina Franca con giurisdizione al Sud Italia. In caso di crisi o conflitto di fatto il personale tutto al comando della 5° ATAF si trasferiva al WEST STAR. La presenza simultanea dei comandanti della componente terrestre e aerea nonché delle rappresentanze delle forze navali della NATO operanti nel Mediterraneo tra le quali la famosa 6° flotta dell’US NAVY, garantiva al meglio lo stretto coordinamento necessario per l’impiego ottimale delle forze contro il comune nemico Un piccolo accenno va fatto alla struttura del Monte Moscal. Il nome in codice WEST STAR significava stella d’occidente ed era il più grande bunker antiatomico in Italia. Il sito era una vera e propria caverna che doveva essere considerata come divisa in quattro blocchi, di cui tre erano le gallerie principali e uno era il locale della centrale elettrica. Era provvisto di sistemi di condizionamento e apparati all’avanguardia per l’epoca. Erano presenti tutte le strutture necessarie alla sopravvivenza del personale interno, ampie scorte di acqua, un reparto di decontaminazione dotato di impianti di ventilazione. La struttura doveva funzionare in tutte le sue parti completamente isolata dall’esterno, ed era dotata di porte antiatomiche che venivano ermeticamente chiuse. Le scorte di ossigeno erano tali che permettevano la sopravvivenza del bunker per almeno sette giorni. Il sito fu progettato tra gli anni ‘58 e ‘59 e la costruzione, iniziata nel ’61, fu ultimata nel 1966 con un costo di realizzazione all’epoca di 8 miliardi di lire. La protezione stimata era da una bomba atomica di potenza di 100 kilotoni ed era assicurata dalla massa coprente rocciosa del Monte, oltre che alle strutture in cemento armato. Il sito era anche è costruito in modo da resistere ad attacchi batteriologici e chimici. Si estendeva per 13.000 m² anche se la parte operativa vera e propria era di 4.000 m² . Era diviso in due piani per un’altezza di 12 m, con due entrate Alfa e Beta e un’uscita di 31 emergenza in località vicina. La base era ovviamente controllata dai Carabinieri che facevano servizio sia all’esterno della struttura che all’interno. Altre strutture simili erano presenti sul territorio nazionale. Vale la pena di ricordare quella di Monte Soratte, vicino Roma, bunker e rifugio atomico utilizzato al tempo per la salvaguardia delle autorità politiche di alto livello. Costruito nel periodo fascista. Usato poi dai tedeschi durante occupazione come posto comando dal generale Kesserling. Iniziato ad essere operativo negli anni ‘60 con il governo Moro. Poteva ospitare poche persone, circa 100 uomini tra politici e tecnici. Le autorità sarebbero state trasferite da ogni parte del paese in rifugio in caso di crisi nucleare. Portate sul posto bendate, per non potere riferire nulla del sito in caso di rientro da cessato allarme. La segretezza dell’esistenza della struttura era essenziale, come quella delle altre simili presenti in Italia all’epoca. Sin dal 1962, con l’installazione dei moderni radar, la difesa dell’intero spazio aereo nazionale fu posta sotto controllo della NATO. Anche in tempo di pace la difesa era posta all’interno del : Integrated Air Defense Nato. In questo modo la sinergia fra le componenti operative dell’Aeronautica e i livelli decisionali dell’alleanza, interconnessi fra loro tramite un’apposita apposita rete di comunicazione e di scambio dati, consentiva tempi minimi di reazione, procedure di intervento sicuro ed efficace, standardizzazione con quelle delle altre nazioni alleate. L’unicità di comando, al fine di garantire la sovranità nazionale sulle eventuali decisioni di ingaggio di un ipotetico velivolo, vide il livello decisionale più alto. La difesa aerea integrata era sotto comando del generale dell’Aeronautica italiana nella persona del comandante della 5° ATAF con sede a Vicenza. In tal modo le forze aeree italiane restavano, come erano sempre state, “nazionali” sia pur permanentemente integrate, in quel complesso sistema politico occidentale di sicurezza collettiva, a salvaguardia della pace e della democrazia. La struttura della difesa era integrata così com’era tratteggiata nei suoi aspetti principali ed era riconosciuta dalla NATO come uno dei cardini fondamentali al contributo e al mantenimento della pace nei lunghi anni della guerra fredda. Ciò soprattutto grazie all’impiego, all’elevata professionalità, al continuo addestramento personale, alla capacità di prendere le giuste decisioni in tempi molto ristretti e in condizioni di stress emotivo. Va ribadito con forza che l’Aeronautica Militare Italiana teneva moltissimo alla sovranità nazionale sulle eventuali decisioni di ingaggio di un ipotetico velivolo ostile, o comunque a mantenere una propria autonomia su quelle che erano le decisioni da prendere in 32 un’eventuale attacco straniero. Le forze aeree italiane restarono sempre forze nazionali pur se integrate con la NATO. - Radar di scoperta “C’era una catena radar che andava da Capo Nord sino alla punta più estrema della Puglia per avere sempre una difesa continua anche di scoperta in tempo di pace. Di tutto questo sistema In Italia si parlava pochissimo perché L’Italia aveva un situazione politica atipica rispetto al blocco occidentale. In particolare la forte presenza di un partito comunista veniva vista come un pericolo reale di fuga di notizie in favore del blocco sovietico e quindi i particolari di tutte le istallazioni militari in patria erano attentamente tenuta riservate o segrete, anche alla popolazione italiana e al sistema politico di allora “ (F) La copertura radar del territorio nazionale degli anni ‘70 era da considerarsi buona per i tempi e soprattutto uniforme su tutto il territorio nazionale. In particolare sino al 1977 l’alto ufficiale per l’impiego diretto delle forze aeree utilizzava i tre ROC 1°, 2° e 3° per tutte le funzioni di difesa aerea, anche poi quando i tre ROC divennero due, con la chiusura del secondo e rimasero solo il primo e il terzo. La sala operativa attiva 24 ore su 24 riceveva via data link una selezione dei dati sintetici del traffico aereo rilevato dai 5 sottosettori di avvistamento affidate ai GRAM (gruppo radar aeronautica militare) di Lame di Concordia chiamato “Pedro”, Poggio Renatico chiamato “Pioppo”, Mortara chiamato “Puma”, Poggio Ballone “Quercia” e Potenza Picena “Bracco” eventualmente integrati da alcune posizioni di radar mobili MRCS 403 gestiti alla 122° squadra della brigata tecnica addestrativa di Borgo Piave. Per le basse quote era disponibile il sistema AWACS - NATO e la standardizzazione delle procedure e l’integrazione con tutti i sistemi di difesa NATO permetteva lo scambio in tempo reale, tramite collegamenti particolari e data link, delle informazioni riguardanti la situazione aerea. Nel 1984 ci fu l’introduzione di una nuova innovazione tecnica. Il radar di ricerca RV 377 dopo vent’anni di servizio era obsoleto e fu sostituito. Un miglioramento notevole per quanto riguarda il sistema radar italiano fu quella che avvenne con il programma con LARGOS 10. Era un prodotto italiano, realizzato dalla Selenia, caratterizzato da un’elevata potenza di trasmissione, da buone capacità ECCM - Electronic Counter Counter Measure ed anti clutter. In quell’anno ci fu una ridefinizione e ridenominazione dei gruppi radar esistenti che cambiarono nome da CRAM a GRAM (gruppi radar aeronautica militare). L’organigramma 33 era il seguente : 11° Gram Poggio Renatico, 12° Mortara, 13° Lame, 14° Potenza Picena, 15° Capo Mele, 17° Monte Scinauz, 21° Poggio Ballone, 22° Licola, 23° Capo Frasca, 31° Jacotenente, 32° Otranto, 33° San Giovanni Teatino, 34° Siracusa, 35° Marsala, 36° Crotone. Alla fine degli anni 80 si ebbe anche la novità del per quanto riguarda la difesa aerea con l’introduzione del sistema AWACS che portò il NADGE (del quale si scriverà dopo) ad essere antiquato. La svolta epocale vedeva il radar non più a terra fisso ma installato in un aereo, per la scoperta e il contrasto delle incursioni a bassa quota. Il programma operativo portò nel successivo periodo a una standardizzazione nell’ambito dell’alleanza con il NATO - Defense Planning Commit, la pianificazione della difesa aerea dell’alleanza, che approvò l’acquisizione di 18 velivoli E3-A, che non sarebbero stati suddivisi tra le 13 nazioni partecipanti ma stanziati in un aeroporto in Germania ovest, a Geilenkirchen. Questi aerei e le informazioni raccolte da questi sistemi durante le operazioni svolte, sarebbero state sempre a disposizione degli stati partecipanti al programma. Il problema era integrare il Nadge con gli Awacs. Così nacque il programma AEGIS - Airbourne Early Warning Ground Enviroment Integration Segment che integrò il Nadge e le informazioni dei 18 aerei Awacs acquistati. In tal modo tutte le informazioni venivano elaborate e integrate in un unico sistema di contrasto radar alle minacce aeree. - Difesa aerea tramite intercettazione con velivoli Per dare un quadro completo dello schieramento della difesa aerea italiana prendiamo a riferimento il 1974. In quell’anno l’Aeronautica Militare si componeva nel seguente modo : organizzazione territoriale con tre comandi di regione aerea : la 1° di Milano, la 2° di Roma e la 3° di Bari e due settori aerei Sicilia a Palermo, e Sardegna a Cagliari. Grandi unità aeree del sistema settentrionale : con la 1° aerobrigata IT con 96 rampe di missili Nike Hercules con sede a Padova, 2° stormo caccia bombardieri su G 91 a Treviso, 3° aerobrigata da caccia e ricognizione su RF 104 G (versione migliorata del F 104) con sede a Villafranca, 51° stormo caccia su F 104 S con sede a Treviso, 6° stormo caccia su F 104 G con sede a Ghedi, 5° stormo caccia su F 104 G con sede a Rimini, 8° stormo cacciabombardieri su G 91 Y con sede a Cervia, 53° stormo caccia su F 104 S a Cameri, 50°stormo caccia bombardieri su F 104 S, versione bombardiere, con sede a Piacenza, e ad Aviano vi era poi il 40° gruppo USA su Phantom. Il sistema centro-meridionale : 46° aerobrigata trasporti a Pisa in parte su Hercules C 130 il resto in passaggio dal vecchio C 119 al nuovo G 222 e il 9° stormo caccia entrambi su F 104 S a Grosseto e a Grazzanise, Altri reparti : elicotteri SAR e trasporti tra Pratica di 34 Mare e Ciampino. Il sistema meridionale/mediterraneo : 32° stormo caccia bombardieri su G 91 Y a Brindisi, 36° stormo caccia bombardieri e intercettori su due versioni di F 104 a Gioia del Colle Oltre, si aggiungono poi gli stormi antisommergibili 41° a Catania e 36° a Grottaglie con gli Atlantic. Il 1974 viene preso come hanno di riferimento proprio perché si andava verso un diminuzione di numero di aerei complessivo. Negli anni si era andati dai 450 velivoli del 1968, scendendo ai 300 / 330 del 1971-73 e hai 279 del 1974. La ristrutturazione della forza armata avvenuta dopo il 1977 portò poi a un’ulteriore diminuzione, allo scioglimento di numerosi comandi e gruppi volo, e alla fine a una inevitabile riduzione di tutto il personale e di tutte le macchine operative. L’Italia comunque aveva una chiara e indiscutibile concezione di tipo difensivistico che vedeva l’arma aerea svolgere normalmente un funzione dissuasiva anche all’interno della dottrina strategica della NATO. “E’ indubbio però che in Italia in quel periodo l’intercettore per antonomasia era l’F104 Starfighter….. C’erano diversi reparti equipaggiati con questo tipo di aereo e c’era sempre una coppia di aeroplani pronti all’intervento su allarme in 5 minuti cosiddetto “Scramble” e un’altra coppia pronta all’intervento in 30 minuti. Tutto questo giorno e notte, 365 giorni l’anno.” (G)


Testo tratto dalla Tesi di Laurea al Master di Politica Militare Comparata Sessione estiva Anno 2022/2023. La Tesi è Disponibile presso la Emeroteca del CESVAM - Roma

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