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domenica 4 maggio 2014

Il grande assente nelle riforme costituzionali: il rapporto con l'estero

Riforma costituzionale
Il nuovo Senato, la proposta Tremonti e i rapporti con l'Ue 
Natalino Ronzitti
29/04/2014
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Nei tentativi di riforma della Costituzione che si sono succeduti nel tempo, la problematica dei rapporti internazionali non ha mai trovato uno spazio adeguato.

Addirittura nullo nella Commissione per le riforme costituzionali presieduta dal Ministro Quagliarello nel governo Letta, nonostante il mandato riguardasse la II parte della Costituzione, dove non mancano le norme di rilevanza internazionale.

Non fa eccezione, nella sostanza, neppure il recente disegno di legge governativo sulla riforma del Senato e del Titolo V della Costituzione (A.S. n. 1429. Qualche riferimento ai rapporti internazionali e all’Unione europea, Ue, in verità c’è, ma è dovuto ad una toeletta istituzionale resa necessaria dalla riduzione dei poteri del Senato e dalla sua marginalizzazione in materia di procedimento legislativo).

A vivacizzare questo dibattito è stata - alla fine - anche la proposta del Senatore Giulio Tremonti sulla revisione di quell’art. 117 che si concentra sui vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario.

Guerra e trattati
Il disegno di legge governativo prevede che la deliberazione dello stato di guerra, di cui all’art. 78 Cost., sia opera della sola Camera dei Deputati, senza la partecipazione del Senato.

Ma ci si è dimenticati che la deliberazione dello stato di guerra è ormai uno strumento superato e che si sarebbe dovuto cogliere l’occasione per l’inserimento di una norma che disciplinasse organicamente la fattispecie conflitto armato e l’invio delle truppe all’estero.

Parimenti si propone di riformare l’art. 80 Cost., in materia di ratifica dei trattati internazionali, spettando alla sola Camera dei Deputati l’adozione della legge di autorizzazione alla ratifica. Anche in questo caso doveva essere colta l’occasione per stabilire che il trattato ratificato, una volta entrato in vigore per il diritto internazionale, fosse fonte di diritto anche per il nostro ordinamento senza ulteriore atti di esecuzione.

In materia di decretazione di urgenza si stabilisce ( opportunamente) l’inammissibilità del decreto-legge per l’autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali. Ma ci si è dimenticati di uno strumento volto a disciplinare la provvisoria esecuzione dei trattati internazionali, qualora la situazione politica internazionale richieda di farvi ricorso in attesa dell’entrata in vigore del trattato.

Costituzione e rapporti con l’Ue
Più articolata, sebbene farraginosa, nel disegno di legge, è la disciplina dei rapporti con l’Ue. Come si è detto, la funzione legislativa è esercitata dalla Camera dei deputati, tranne per le leggi di revisione costituzionale dove il procedimento resta bicamerale.

Per il procedimento legislativo ordinario, il Senato delle autonomie ha solo una competenza residuale nel senso che può, a richiesta di un terzo dei suoi componenti, disporre di esaminare un disegno di legge non costituzionale e deliberare proposte di modifica su cui la Camera si pronuncia in via definitiva (concorso legislativo semplificato).

Tuttavia, per i disegni di legge che “autorizzano la ratifica dei trattati relativi all’appartenenza dell’Italia all’Ue”, la Camera dei deputati può discostarsi dalle modifiche proposte solo a maggioranza assoluta dei suoi componenti (concorso legislativo rafforzato). Se ne dovrebbe quindi dedurre che per tutti gli atti legislativi diretti all’attuazione della normativa Ue (ad es. la legge europea e la legge di delegazione europea di cui alla L. 234/2012) dovrebbe valere il concorso legislativo semplificato, mentre per le leggi di ratifica di trattati relativi all’appartenenza all’Ue dovrebbe valere il concorso legislativo rafforzato.

Ma quali sono questi trattati? Sicuramente futuri trattati che sostituissero il Trattato di Lisbona, attualmente in vigore. Ma occorre ricomprendervi anche trattati, come il Fiscal compact, che sono stati stipulati separatamente? Quid per quanto riguarda la procedura di revisione del Trattato di Lisbona, di cui all’art. 48 Ue? Sicuramente la procedura di revisione ordinaria dovrebbe comportare la partecipazione del Senato a livello di concorso legislativo rafforzato, ma quale concorso legislativo (semplificato oppure rafforzato) per la procedura di revisione semplificata? L’elenco potrebbe continuare.

Il concorso legislativo rafforzato vale anche per tutti gli atti che interessano le modalità di partecipazione di regioni e province autonome in materia di rapporti internazionali o inerenti all’Unione Europea.

In particolare, come è detto nella relazione illustrativa del disegno di legge, per “le modalità di partecipazione di regioni e province autonome, nelle materie di loro competenza, alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi dell'Ue e all'attuazione ed esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Ue e la disciplina dell'esercizio del potere sostitutivo dello Stato in caso di inadempienza; la disciplina statale dei casi e delle forme in cui le regioni possono concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato”, che interessano il Titolo V della Costituzione.

Non si è colta l’occasione per introdurre nel nostro ordinamento, sulla falsariga di altri ordinamenti europei, il referendum propositivo, per la ratifica di trattati che riguardano scelte fondamentali, quali quelli relativi all’Ue.

L’art. 117 e la proposta di legge Tremonti
Il disegno di legge si limita alla cosmesi istituzionale dell’art. 117, 1° comma, sostituendo alla dizione “comunitario”, quella più corretta, dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, di “Unione europea”.

La disposizione novellata suonerebbe “La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento dell’Unione europea e dagli obblighi internazionali”. Niente di nuovo. Il cambiamento di dizione era già stato ampiamente anticipato nella letteratura specialistica.

Desta meraviglia, invece, il disegno di legge costituzionale d’iniziativa del Senatore Tremonti del 31 marzo 2014, volto a ridimensionare la portata dell’art. 117, primo comma, eliminando le parole “nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”, con la conseguenza che la potestà legislativa di Stato e Regioni resterebbe subordinata ai soli vincoli derivanti dalla Costituzione.

La proposta è motivata, come si evince dalla relazione illustrativa, dall’esigenza di impedire un vulnus irrimediabile alla nostra sovranità nazionale, in particolare per quanto riguarda le politiche di bilancio e i tagli alla spesa pubblica, con l’imposizione forzosa della riduzione del debito pubblico, secondo la modalità imposta da Bruxelles.

Beninteso la proposta, come lo stesso Tremonti si premura di precisare, “non è contro l’Europa, ma per la nostra dignità e per la nostra libertà”. A noi pare che il sostanziale ridimensionamento del 1° comma dell’art. 117 sia inaccettabile per più motivi:

a) In primo luogo, l’eliminazione del riferimento ai trattati internazionali priva di un ancoraggio costituzionale la superiorità del trattato rispetto alla legge interna (ordinaria), prerogativa presente anche in altri ordinamenti. Le norme del trattato prevalgono su quelle interne, non potendo tuttavia derogare alla Cost. La questione interessa non tanto (e non solo) i trattati connessi all’Ue, come il Fiscal Compact, quanto tutti gli altri trattati e, in particolare, quelli in materia di diritti umani, come la Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

b) La supremazia del diritto dell’Ue è un fatto acquisito ed è stata ribadita più volte dalla nostra Corte Costituzionale. Il diritto dell’Ue prevale sul diritto interno incompatibile e può derogare le stesse norme costituzionali. Qualora si tratti di norme Ue aventi efficacia diretta o direttamente applicabili, il giudice applicherà la norma Ue; altrimenti, in caso di contrasto con la normativa interna, dovrà sollevare la questione dinanzi alla Corte costituzionale.

c) Non è vero che la supremazia del diritto Ue sia illimitata. Essa viene meno qualora la norma Ue contrasti con i principi fondamentali e inderogabili della nostra Cost. (i c.d. controlimiti, per esprimersi nel gergo giuridico), tra cui rientrano, tanto per restare nel campo economico, essenziali diritti sociali.

d) Anche se si espungesse dall’art. 117 il riferimento al diritto Ue, la sua supremazia resterebbe ancorata all’art. 11 Cost., di cui l’art. 117 costituisce, nell’opinione prevalente, una mera specificazione per quanto riguarda i poteri legislativi dello Stato. Peraltro, la riformulazione dell’art. 117, secondo i termini proposti dal Senatore Tremonti, sarebbe un cattivo segnale e finirebbe per incidere sulla stessa interpretazione dell’art. 11, ridimensionandone la portata.

Natalino Ronzitti è professore emerito di Diritto internazionale (LUISS Guido Carli) e Consigliere scientifico dello IAI.
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