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venerdì 17 luglio 2015

Verso una difesa europea

Dopo il Vertice di giugno
Difesa europea: se non ora, quando?
Giovanni Faleg
10/07/2015
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Come ci si attendeva, il Consiglio europeo del 25 e 26 giugno ha invitato l’Alto Rappresentante, Federica Mogherini, a continuare la preparazione di una nuova Strategia europea di sicurezza, a 12 anni dalla prima dottrina strategica elaborata da Javier Solana (European Security Strategy, 2003).

Ciononostante le conclusioni del Vertice sono state deludenti: s’è parlato prevalentemente dei flussi di migranti provenienti dal Mediterraneo - tema certamente prioritario nell’agenda politica europea -, ma e’ mancata una presa di posizione forte - altrettanto necessaria - sulla necessita’ di maggiore integrazione nel settore della difesa. Il testo del Consiglio contiene una lunga lista di iniziative volte a rafforzare la cooperazione nell’ambito della Politica di Sicurezza e di Difesa comune (Psdc), senza pero’ fornire un quadro condiviso e una roadmap ben definita. Se si esclude la riflessione strategica, quindi, pochi passi avanti sono stati fatti rispetto al Consiglio della Difesa del 2013.

Eppure, una difesa europea più integrata ed efficace e’ resa quanto mai necessaria dal clima di instabilità nel vicinato europeo (in particolare, nel Mediterraneo e in Ucraina) e dalla mancanza di capacita’ militari a livello nazionale. Se l’Europa non e’ capace di sviluppare un piano d’azione ora, allora quando?

La task force del Centre for European Policy Studies, presieduta da Javier Solana, ha recentemente pubblicato un rapporto sulla creazione di una European Defence Union, o Unione di Difesa europea (Ude), sulla modello del processo che ha portato all’Unione monetaria. Il rapporto, presentato in varie capitali europee a partire da marzo 2015, propone un upgrade della Psdc attraverso un pacchetto di riforme istituzionali, armonizzazione delle capacita’ militari e aggiornamento strategico, unite da un framework comune. La realizzazione della Unione di Difesa si dovrebbe effettuare in fasi progressive e sulla base delle raccomandazioni di un comitato indipendente di esperti, simile al Comitato Delors. Una difesa integrata permetterebbe all’Unione europea di disporre dei mezzi appropriati per risolvere le crisi nel Mediterraneo e Medio Oriente, e di sostenere la Nato nel contenere la minaccia russa ad Est.

Europa mai così insicura negli ultimi 20 anni
Rispetto a dodici anni fa, l’Europa e’ oggi circondata da un arco di instabilità che va dal Sahel al Corno d’Africa, attraverso il Medio Oriente, il Caucaso e fino alle frontiere dell’Europa orientale. Le minacce non sono solo militari, ma variano dalla proliferazione di armi di distruzione di massa agli attacchi cyber, che mettono a repentaglio la sicurezza energetica ed economica. La radicalizzazione e gli estremismi nel vicinato europeo, inoltre, rendono più difficile la separazione fra le sfide interne ed esterne ai confini europei: l’uso del fenomeno migratorio come serbatoio del terrorismo di matrice jihadista (Isis) ne e’ un chiaro esempio.

Allo stesso tempo, l’aggressione della Russia in Ucraina ha rimesso in discussione l’ordine regionale post-guerra fredda, risvegliando paure di attacchi armati e occupazioni negli Stati membri dell’Est europeo. Le azioni militari e ibride dei russi hanno messo in evidenza la fragilità dell’Unione e la difficoltà di mantenere stabili approvvigionamenti energetici.

Di fronte a queste sfide e all’aggravarsi degli scenari di crisi, l’Europa e’ rimasta divisa e incapace di reagire. Interessi e culture strategiche differenti hanno fino ad ora impedito di rafforzare le strutture comuni, migliorare le procedure in ambito di politica di sicurezza e di difesa ed incrementare le capacita’, militari e civili. Il Parlamento europeo ha stimato che i costi della non-Europa della difesa potrebbero aumentare da 26 miliardi di euro (2013) a 130 miliardi nei prossimi anni, a fronte di un vicinato strategico più instabile. In aggiunta al fattore economico, imperativi politici, morali e strategici dovrebbero spingere l’Unione a sviluppare un piano per una difesa integrata.

Verso l’Unione di Difesa europea
Il Trattato di Lisbona permetterebbe di sviluppare un’Unione di Difesa europea senza modificare i trattati, cominciando da una serie di modifiche istituzionali che stabiliscano un nuovo sistema di governance, più forte dell’attuale politica comune di sicurezza e difesa (Pcds). Punto cruciale della nuova unione e’ l’utilizzo della cooperazione permanente strutturata, al fine di permettere agli stati volenterosi di procedere con il piano di integrazione, come del resto e’ stato fatto nel caso dell’Euro.

Altre misure prioritarie sono la creazione di un quartier generale permanente dell’Unione (attualmente “prestato” da alcuni stati membri secondo le necessita’ operative); un aumento delle responsabilità del Parlamento europeo in materia di difesa, attraverso la creazione di un comitato parlamentare apposito; l’introduzione di un Eurogruppo dei Ministri della Difesa; il rafforzamento delle competenze del Servizio diplomatico europeo e della Agenzia europea di Difesa nel definire linee guida comuni per la pianificazione strategica e l’armonizzazione delle capacita’ militari degli stati membri, in particolare attraverso progetti “pooling and sharing”.

Lo nuova strategia di sicurezza deve rappresentare il primo passo di un processo più’ ampio, volto alla realizzazione di un’Unione della difesa “a tappe”, secondo il modello dell’Unione monetaria. L’attesa o l’indecisione possono comportare costi molto alti, anche in termini di vite umane. Mentre si parla di difesa, il terrorismo colpisce Tunisi e Parigi. L’Europa deve imparare a difendersi, dalle minacce esterne e dalle proprie esitazioni.

Giovanni Faleg, Consulente di ricerca IAI e rapporteur del Rapporto CEPS “More Union in European Defence”
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