Rapporto Italia-Ue Juncker a Roma per far pace con Renzi Antonio Scarazzini 28/02/2016 |
Le sferzate del presidente del Consiglio contro austerità e tecnocrazia e i più pacati appelli del Sottosegretario Gozi per una nuova Europa dei “figli fondatori” hanno costituito i due estremi di una nuova strategia europea favorita e obbligata dall’acutizzarsi di questioni, come la flessibilità sui conti pubblici e la stabilità del sistema bancario, che toccano nel vivo la politica nazionale e rendono logica la ricerca di una finestra di opportunità alla ricerca di convergenze per una soluzione a livello europeo.
Tentativi di convergenza sulla flessibilità
Nel vertice romano, convergenza è stata trovata sul tema della flessibilità fiscale tanto caro a Renzi, che tuttavia non sforerà i margini consentiti dal Patto di Stabilità, come già previsto dalla comunicazione della Commissione del gennaio 2015.
L’Italia può così continuare a godere di un margine discrezionale dello 0,75% sul suo deficit e difendere la linea anti-austerità, mentre Juncker può permettersi, tra le righe, di scrollarsi di dosso l’etichetta di ottuso burocrate, confermando il suo impegno per una strategia di crescita e allentamento del processo di consolidamento fiscale.
Prosegue anche l’intesa sulla prosecuzione del piano Juncker per gli investimenti strategici, dopo che lo stesso Mario Draghi, nel corso della sua recente audizione presso la Commissione affari economici del Parlamento europeo, ha dato il pieno endorsement ad un più consistente rilancio degli investimenti pubblici nei Paesi Ue.
L’incontro tra Renzi e Juncker è stato inoltre preceduto da ambo i lati da dimostrazioni di buona volontà, nella forma di documenti strategici e di programmazione che hanno delineato le posizioni dei rispettivi attori.
Facendo seguito alle proposte di riforma dell’Unione Economica e Monetaria presentate a metà dello scorso anno, il Ministero delle Finanze ha infatti presentato un documento per una “Strategia Europea Condivisa su Crescita, Occupazione e Stabilità”, che sostanzialmente raccoglie la posizione italiana sulla governance economica attorno ad una richiesta di mutualizzazione e condivisione dei rischi.
Da par suo, la Commissione si è mostrata piuttosto accomodante nella presentazione del suo rapporto sugli squilibri macroeconomici previsto nel quadro del Semestre Europeo, lodando gli sforzi italiani nella riforma del lavoro e del settore bancario, pur senza nascondere i forti rischi per la crescita creati da sofferenze bancarie, alto debito pubblico ed elevata tassazione sul lavoro.
Banche, capitolo “trascurato”
Per ammissione dello stesso Renzi, Italia e Commissione rimangono distanti su un tema centrale come quello delle crisi bancarie, ma la questione non è stata direttamente affrontata.
Anche il documento del Ministero dell’economia non fa menzione di una revisione delle nuove norme sul bail-in, proposta tra gli altri dal governatore di Bankitalia Ignazio Visco nel discorso di fine gennaio presso il Congresso Assiom Forex e apprezzata da un largo fronte di attori sociali, da Confindustria a Cgil.
L’Italia, giunta con quasi un anno di ritardo nella trasposizione della direttiva Brrd (Bank Recovery and Resolution Directive) - dopo aver peraltro ricevuto un’allerta dalla stesa Commissione nel maggio 2015 - ha testato la nuova disciplina di risoluzione senza infatti aver messo in atto gli stessi adattamenti normativi che hanno permesso ad altri Paesi (Francia, Germania, Regno Unito tra gli altri) di chiarificare e delimitare le categorie di crediti aggredibili dal bail-in.
Lo stop che la DG Concorrenza ha inoltre imposto all’utilizzo preventivo del Fondo Interbancario di Garanzia dei Depositi, per incompatibilità con la disciplina europea degli aiuti di Stato, sposta la strategia italiana sul raggiungimento a breve dell’Edis, il sistema europeo di garanzia dei depositi, terzo pilastro a completamento dell’architettura dell’unione bancaria.
La Commissione ha già presentato a dicembre una proposta legislativa sulla quale l’Italia trova la forte opposizione della Germania: Berlino vuole ridurre ulteriormente i rischi - in particolare quelli legati all’esposizione al debito sovrano, altro tasto dolente per Roma - prima di pensare alla mutualizzazione.
Politicizzazione della Commissione
Rimandato anche il confronto sulla maggiore politicizzazione della Commissione, sino ad ora descritta come tecnocratica e impopolare, esplicitata da Renzi nell’idea delle primarie per l’elezione del suo Presidente.
Per la sua intensità, il confronto tra Renzi e Juncker avrebbe addirittura potuto richiamare alla mente il precedente tra Hallstein e De Gaulle, in un decennio - gli anni Sessanta - non a caso dominato dalla logica intergovernativa. La visita romana di Juncker ha invece raffreddato i toni, consolidando i punti d’intesa già esistenti, senza toccare tasti dolenti né cambiare passo (o verso) sui dossier più scottanti.
Antonio Scarazzini è direttore della rivista Europae e MA Candidate presso il Collège d’Europe di Bruges.
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