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Il primo insiste sull’importanza della Russia sul piano economico e su quello delle relazioni internazionali. Il secondo si fa portavoce di un’Europa più realista che necessita di riaprire il dialogo con Mosca. Sullo sfondo, il presidente russo Vladimir Putin elogia Renzi e porge un ramoscello di ulivo all’Europa. Applausi per Renzi “L’Italia deve essere fiera di un premier così”, ha dichiarato Putin. L’intervento di Renzi all’Hermitage, intriso di riferimenti alla cultura russa e ai valori comuni di Russia ed Europa, si colloca nel solco di una lunga tradizione della politica italiana e dimostra che la sintonia tra Roma e Mosca va oltre i legami personali tra l’ex premier Silvio Berlusconi e Vladimir Putin. L’assenza di fratture storiche e la fitta rete d’interessi commerciali hanno contribuito a mantenere pacifici e collaborativi i rapporti tra i due paesi. Alla luce dell’appartenenza alla cornice europea e atlantica, però, l’Italia si è comunque dovuta attenere alle direttive sanzionatorie e alle prese di posizione dei propri alleati più stretti. Tuttavia, Roma non ha mai rinunciato a un ruolo di mediazione ed ha fortemente insistito affinché il rinnovo delle sanzioni alla Russia non avvenisse in modo automatico, ma fosse soggetto a periodica rivisitazione. L’intervento di Renzi deve essere letto in questa luce. Al Forum di San Pietroburgo erano presenti i top manager di un terzo delle aziende italiane: il valore degli accordi commerciali conclusi tra Italia e Russia in quest’occasione ammonta a 1,3 miliardi di dollari e sono state poste le basi per nuovi investimenti di lungo periodo, specialmente nel settore energetico. Tuttavia, per il nostro paese la partnership con Mosca non si esaurisce sul piano economico: Matteo Renzi ha più volte affermato l’importanza della collaborazione con la Russia per la risoluzione dei conflitti internazionali. Il riferimento è alla crisi libica: Roma crede che il coinvolgimento di Mosca possa contribuire alla ricerca di una soluzione di lungo periodo. Juncker, segni di disgelo Nonostante le critiche di Polonia e Paesi Baltici, Jean-Claude Juncker si è recato a San Pietroburgo con l’idea di riaprire il dialogo con la Russia. In un’atmosfera piuttosto distesa, il presidente della Commissione europea, pur ribadendo l’importanza dell’adempimento degli accordi di Minsk, si è spinto fino ad auspicare una forma di collaborazione più ampia tra l’Europa e Mosca in un’unica grande regione basata su stato di diritto, libero commercio e progetti comuni. Al di là di ogni retorica, però, quest’obiettivo di lungo periodo è indice di un approccio più realista dell’Unione europea. Sebbene non ci siano le condizioni per un ritiro delle sanzioni, è sempre più pressante la necessità di collaborazione con Mosca, che si è rivelata utile in diversi scenari di crisi. La Brexit, la crisi dei rifugiati e il terrorismo internazionale sono problemi più impellenti che fanno passare in secondo piano l’instabilità nella regione del Donbass ucraino. Mosca cerca altri spunti Nel frattempo, Putin ci tiene a far sapere che non nutre astio nei confronti dell’Europa e che Mosca è pronta al dialogo ma - precisa - la cosa non deve essere a senso unico. Il presidente russo non risparmia critiche all’ingerenza statunitense negli affari europei e in particolare sulle sanzioni, che “danneggiano più l’Europa che gli Stati Uniti”. Tipico del modo di ragionare russo, Putin prevede “alleanze a interazione flessibile” per la futura definizione degli equilibri economici mondiali. Sebbene un approccio più collaborativo della Russia possa ben deporre per il ritiro delle sanzioni, Mosca si è data da fare, al Forum di San Pietroburgo, nella ricerca di soluzioni alternative per la sua ripresa economica e per il commercio estero. Con Pechino la Russia ha concluso accordi per circa 600 milioni di dollari: tra questi, la costruzione della ferrovia che collega la Cina al porto russo di Zarubino e la cooperazione nell’ambito militare. Secondo alcuni esperti, però, Mosca sarebbe più interessata alle relazioni con i partner mediorientali soprattutto per gli investimenti diretti esteri nel settore agricolo e militare. L’Europa resta ancora il mercato preferito dalla Russia per la qualità dei prodotti e per i forti legami economici con i singoli paesi. Tuttavia, senza riforme che limitino la corruzione e rendano più solido lo stato di diritto, gli investimenti diretti esteri, soprattutto da parte europea, resteranno difficili da realizzare. Accordi economici a parte, il bilancio del Forum di San Pietroburgo può essere considerato positivo alla luce di un ritrovato clima di collaborazione: a piccoli passi, in settori specifici e sulla base di un comune interesse. Giovanna De Maio è dottoranda di ricerca presso l'Università degli Studi di Napoli L'Orientale; è stata stagista per la comunicazione presso lo IAI. | ||||||||
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martedì 28 giugno 2016
Roma: aperture verso Putin
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